"Sappiamo cosa non ha funzionato, non sappiamo dove stiamo andando". Sostanzialmente è questo lo stato della "Crisi che non passa", così come è fotografata nel XVI Rapporto sull'Economia sull'Economia Globale e L'Italia realizzato dal centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi in partnership con Ubi Banca e curato da Mario Deaglio.
Per descrivere il processo l'economista utilizza la metafora del virus che fa il salto di specie: la crisi nasce nel 2007 come fenomeno esclusivamente finanziario che via via si estende all'economia reale, all'aspetto politico-sociale fino a coinvolgere gli equilibri politico strategici internazionali.
Elemento base di questa dinamica è l'irrazionalità, fattore che ha contribuito a rendere poi inefficace la scelta di terapie basate su logiche razionali. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: gli interventi attuati fin qui si sono rivelati in alcuni casi anche controproducenti, cosicché "il quadro clinico del malato – ha spiegato lo stesso Deaglio nel corso della presentazione del lavoro a Roma – è sensibilmente peggiorato". Come nel gioco del Monopoli si cade nell'imprevisto e si finisce in prigione senza passare per il via. Basti pensare alla Grecia che finora "è stata salvata tre volte".
"Dèmone, ora sei libero. Prendi la direzione che vuoi". Deaglio, nell'introdurre il rapporto pubblicato da Guerini e Associati, cita Shakespeare, tratto dal terzo atto del Giulio Cesare, per descrivere l'imprevedibilità di andamenti economici, sviluppi politici e persino di fenomeni naturali che rende oggi la scienza economica quanto mai inesatta. Tant'è che ora esperti e analisti hanno pudore e paura a sbilanciarsi e non nascondono più il fatto che si brancoli, impotenti, nel buio.
Si guardano così i "dèmoni della crisi" prospettando, a scanso di equivoci, i più differenti scenari, tutti possibili: dal "futuro radioso" alla "tempesta perfetta" ovvero la "frantumazione del mercato globale", passando "per il compromesso inflazionistico o l'insolvenza programmata con relativo rischio per la tenuta del sistema fondato sulla globalizzazione".
In questo quadro mondiale per nulla rassicurante s'inserisce la specificità dell'economia italiana, sulla quale si sprecano le metafore: "come la nave Concordia, è incagliata (Deaglio), "come una Ferrari che non ha acceleratore, ma – dice Yves Meny, Presidente del Collegio Carlo Alberto - usa molteplici freni".
Meny non ha brillato in originalità quando, intervenendo alla presentazione del lavoro del Centro Einaudi alla Residenza di Ripetta, ha parlato di "un paese ingabbiato dalla Burocrazia, un paese costoso che spende male, dove le piccole e medie imprese faticano a crescere". Ma per fortuna, ha sottolineato lo studioso francese, "l'Italia resta una nazione ricca di potenzialità che vanno liberate". Come? Beh, in merito regna appunto sovrana l'incertezza. Non a caso, infatti, il professor Meny ha concluso il suo intervento con un depressivo "buona fortuna"! Applausi.
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