Nei giorni scorsi la riforma della “Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo” è stata approvata in Assemblea, alla Camera, ed è pronta per essere riesaminata al Senato. Così, dopo aver atteso tanto una revisione della legge n. 49/1987, salvo imprevisti, manca una manciata di settimane per il sì definitivo del Parlamento alla nuova normativa.
Era sorta come un’iniziativa sotto il Governo Letta, ma è da decenni che questo settore aspetta di ricevere una nuova attenzione e di essere disciplinato secondo un’ottica diversa da parte delle istituzioni, se non altro contemporanea. “È stata pensata per inserirsi al meglio nella complessità odierna del sistema internazionale ed europeo (…) e rappresenta un salto di qualità” – ha sostenuto il presidente di Intersos, Nino Sergi, il giorno prima dell’approvazione del testo alla Camera.
Sostanzialmente la riforma soddisfa in gran parte gli operatori del settore. Certo, “non tutto è stato incorporato nel modo da noi auspicato – sostiene fra gli altri AOI - ma il giudizio complessivo, pur rimanendo un testo mediato tra differenti posizioni politiche, è certamente positivo”.
Secondo quanto messo in luce dalla deputata Lia Quartapelle - relatrice del Ddl in Assemblea - con questa riforma la politica di cooperazione diventa “qualificante della politica estera” e centrale per Ministero degli affari esteri che assumerà infatti il nome di MAECI, “Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale” . Elementi di questo cambiamento sono costituiti da “una chiara delega politica”: il MAECI si doterà infatti di un vice ministro delegato che parteciperà, senza diritto di voto, alle sedute del Consiglio dei Ministri tutte le volte in cui verranno affrontate, direttamente o indirettamente, tematiche inerenti alla cooperazione.
Altro aspetto importante è quello operativo. In tal senso spicca il nuovo ruolo dell’Agenzia per la Cooperazione allo sviluppo, “braccio verso l’esterno del Ministero”, che le conferirà “sostegno diplomatico e politico”. L’Agenzia dovrà esercitare una partecipazione attiva alle iniziative di cooperazione, nelle fasi di istruttoria, formulazione, finanziamento, gestione e controllo; sarà dotata di un Direttore, scelto secondo criteri di trasparenza, che avrà il potere di decidere autonomamente per quanto riguarda le spese che non superino i 2 milioni di euro. Intanto il Parlamento, attraverso le Commissioni competenti, eserciterà poteri di indirizzo e controllo sia per quanto attiene alla stesura dello statuto dell’Agenzia che per quanto riguarda la riorganizzazione della struttura del Ministero.
Ancora, sotto l’aspetto finanziario, il documento triennale di programmazione e di indirizzo sarà necessario a pianificare interventi, risorse da impiegare e stanziamenti di fondi. Oltre ad esso la riforma introduce una “relazione sulle attività di cooperazione allo sviluppo realizzate nell’anno precedente, con evidenza dei risultati conseguiti”.
Un’altra novità è “l’istituzionalizzazione di tutti i soggetti della cooperazione”, profit e non profit. Quanto ai primi, non dovranno più essere “abilitati” – sostiene Quartapelle – come era previsto dalla legge 49, ma, in base alla riforma, vale il principio del “fa chi sa fare”.
E’ stata poi dato alla Cassa Depositi e Prestiti il ruolo di “istituzione finanziaria per la cooperazione allo sviluppo”, col potere di erogare crediti, promuovere iniziative di finanza per lo sviluppo e la possibilità di utilizzare anche i depositi postali. E’ confermata, inoltre, l’istituzione del Comitato interministeriale per la Cooperazione allo sviluppo (CICS) che deve assicurare che siano programmate e coordinate tutte le attività di cooperazione, oltre che la coerenza delle politiche nazionali con la cooperazione allo sviluppo. Approva inoltre le iniziative dell’Agenzia superiori a 2 milioni di euro e supervisiona quelle di importo inferiore. Il Consiglio Nazionale per la Cooperazione allo sviluppo avrà invece funzioni consultive sulle strategie da intraprendere, la programmazione e coerenza delle scelte politiche.
Per quanto riguarda la partecipazione delle organizzazioni della società civile tra le quali ONG, ONLUS, imprese sociali e altri soggetti, verranno inseriti - in base a criteri stabiliti dal Comitato congiunto - in un elenco rinnovato ogni due anni. Tale iscrizione determina la possibilità di essere incaricati, da parte dell’Agenzia, di realizzare iniziative di Cooperazione allo sviluppo, ma secondo alcuni operatori del mondo delle associazioni come Gianfranco Cattai, presidente di Focsiv, ciò rappresenta una forte limitazione al diritto di iniziativa, in quanto “non è previsto che le organizzazioni iscritte nell’albo possano in maniera autonoma proporre progetti di sviluppo”, perché dovrà essere l’Agenzia a incaricarle.
Alcuni aspetti critici della Riforma, messi in luce da Maria Egizia Petroccione, portavoce del CINI, e da lei definiti più che altro “punti di attenzione”, comprendono, fra gli altri, i criteri per la partecipazione dei soggetti profit: sarebbe stato meglio “definirli in modo più chiaro, con riferimento a normative precise” e non a principi standard.
Vi è poi il rischio di “sovrapposizione, confusione, competizione tra DGCS e Agenzia”. Lo hanno illustrato anche i parlamentari di Sel, durante la fase di discussione in Assemblea, prima dell’approvazione del testo alla Camera. Il mantenimento dei due organismi “potrebbe essere anche foriero di contraddizioni e di immobilismi futuri”. Si teme, in sostanza, che le decisioni continuino ad esser prese in seno alla Direzione generale, mentre l’Agenzia possa essere “solo una struttura di servizio”, da cui non deriverà realmente una portata innovatrice.
Qualche perplessità è stata espressa, poi, sul ruolo consultivo del Consiglio nazionale della cooperazione. “Avremmo voluto avesse un ruolo concertativo”, sostiene ancora Petroccione, sottolineando un altro limite: “si riunisce una volta l’anno, mentre invece era importante che si autoconvocasse”.
Quanto all’obiettivo della riforma di attrarre fondi sulla cooperazione da parte di privati, la portavoce del CINI auspica che non diventi “una scusa per discriminare i fondi pubblici”, in quanto “ci sono cose che i privati non faranno mai,” come la cooperazione in certe aree del mondo particolarmente vulnerabili. Allo stesso tempo c’è il rischio che “l’Agenzia entri in concorrenza con il mondo non profit”, il quale in diversi casi, “in assenza di fondi pubblici, ha dovuto rivolgersi ai privati” per ottenere finanziamenti.
Si teme quindi che l’Agenzia possa dare un colpo di spugna a quanto costruito in questi anni. Dubbi questi che bisognerà dissolvere seguendo passo passo le fasi di normazione secondaria per l’attuazione della legge, passaggi cruciali in cui il mondo delle associazioni dovrà continuare a partecipare e a non distrarsi.
Staremo a vedere cosa accadrà quando sarà il Senato a dover votare nuovamente. Non manca più molto tempo e, se si crede alle parole del viceministro degli Esteri Lapo Pistelli, - dopo aver atteso così tanto – chissà, ”ormai è fatta”.
é uscito il N° 118 di Quaderni Radicali "EUROPA punto e a capo" Anno 47° Speciale Maggio 2024 |
è uscito il libro di Giuseppe Rippa con Luigi O. Rintallo "Napoli dove vai" |
è uscito il nuovo libro di Giuseppe Rippa con Luigi O. Rintallo "l'altro Radicale disponibile |