La logica dei media, dalla televisione al web per finire a quel che resta della carta stampata, ha mutato drasticamente i circuiti della partecipazione e identificazione. Eroi, combattenti, falsi analisti, false e strumentali contrapposizioni … abbiamo un’unica narrazione mediatica che è eterodiretta e le deontologie professionali dei giornalisti - già precarie - si affidano per convenienza, subalternità al potere. Al potere di chi detiene il controllo del sistema informativo. Un meccanismo di abbattimento delle stesse deontologie.
Nello specifico italiano i soggetti che indirizzano sono camuffati sotto entità economiche-finanziarie che manipolano, oggi più di ieri, il sistema informativo intervenendo sui meccanismi di condizionamento totalmente fuori da ogni logica economica o di dibattito democratico, per rafforzare lo schema di “democrazia fittizia” che viviamo.
Chiusa l’era partitocratica, i sottoprodotti residuali dei partiti cercano di sopravvivere mettendosi al servizio di corporazioni, di soggetti economico-finanziari che controllano e indirizzano il mainstream.
Siamo di fronte a un corto circuito che cerca di presentare come diritto la sua sottomissione alla presunta volontà popolare che viene indirizzata verso un quadro di conoscenze che dal grande “imbecille collettivo” ha creato gli imbecilli individuali ignoranti, narcisistici, autoreferenziali che credono di avere un’opinione ma che in realtà sono indirizzati verso una lettura deformata e priva di spirito critico.
L’informazione, che è stata all’origine della grande trasformazione democratica, è diventata sempre più la linea di sbarramento del “diritto alla conoscenza” e con un meccanismo procedurale lavora per consentire l’ascesa o favorire la decadenza di questo o quell’attore politico e culturale attraverso l’interpretazione per cui, in un mare magnum di fuochi d’artificio, fa in modo che i fatti non esistano se non nella traiettoria di un modello, apparentemente conflittuale, ma sostanzialmente unidirezionale.
Tv pubblica e tv private, quel che resta della carta stampata e il prodotto discendente del web si muovono all’interno di modelli culturali che hanno favorito un orientamento idealistico, hanno ostacolato il diffondersi di una cultura diffusa e sociale della modernità e della democrazia.
Si tratta di culture che hanno egemonizzato tutto, ma non hanno mai saputo cosa fosse una cultura liberale e democratica, del diritto e delle regole.
Sulla questione della subalternità dell’informazione al potere economico discutono, nell’audiovideo che segue, il giusfilosofo, giurista e ex procuratore generale Otello Lupacchini e Giuseppe Rippa direttore di Quaderni Radicali e Agenzia Radicale.
- Informazione e potere economico: storia di una subalternità. Conversazione con Otello Lupacchini di Giuseppe Rippa (Agenzia Radicale Video)
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