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16/11/24 ore

Bigenitorialià, per salvare le uniche vittime: i figli!


  • Florence Ursino

La famiglia, fertile e rigoglioso terreno per robusti boccioli d'umanità, sempre più sembra nascondere, sotto le sue rassicuranti zolle, aride crepe o, peggio, infide sabbie mobili. Così, in un'Italia probabilmente poco pronta all'impennata di separazioni e divorzi degli ultimi anni e poco incline alla tutela dei principali diritti dei suoi cittadini, scene come quelle della scorsa settimana in una scuola elementare dell'Alta Padovana, non fanno altro che rimarcare quanto sia urgente e irrimandabile una riforma del sistema di 'Giustizia Familiare'.

 

La legge 54 del 2006 è senza ombra di dubbio il primo tentativo organico di innestare importanti novità sul diritto di famiglia in un impianto giurisprudenziale per certi versi ammuffito. La portata innovatrice della norma, infatti, consisteva soprattutto nell'aver introdotto, in caso di separazione, il regime di 'affido condiviso', concetto radicalmente diverso da quello fino ad allora in vigore dell'affidamento 'esclusivo' della prole, che vedeva quasi sempre prevalere un genitore, generalmente la madre, sull'altro (il padre). Con la L.54/06, dunque, si sarebbe dovuta tutelare una più equa e paritaria 'bigenitorialità'.

 

Ma il condizionale è d'obbligo perchè, a sei anni dall'entrata in vigore, la riforma in questione rimane ancora, salvo eccezioni, totalmente inapplicata: i giudici, infatti, solo formalmente affidano congiuntamente i figli ai genitori, collocandoli poi sostanzialmente e aprioristicamente dalla madre.

 

Da qui, l'applicazione di regole (non scritte), retaggio di una società profondamente sessista e conservatrice che vede la donna consacrata nel suo ruolo di protettrice del focolare domestico e l'uomo scaraventato nel girone infernale delle visite della fine-settimana, del papà 'a ore' utile solo al mantenimento economico.

 

Una guerra dei mondi, quella tra i due ex-coniugi, che si consuma dunque violentemente e quotidianamente nella aule dei tribunali, tra sentenze 'ad personam' e interpretazioni formulate sulla base di arcaiche consuetudini dure a morire: dati dell'Istat danno le percentuali di affido condiviso in aumento, ma per lo più si tratta di provvedimenti a cui è stato unicamente modificato il nome e che di fatto mantengono contenuti relazionali e patrimoniali uguali alla normativa precedente.

 

Con il DDL (da tempo immemore) all'esame del Senato si vorrebbe dunque risolvere il conflitto genitoriale concentrandosi sulle uniche, reali, vittime di questa egoistica lotta: i figli. Sono loro, infatti, i diritti che dovrebbero esser maggiormente tutelati, garantendo la frequentazione del minore con entrambe le sue figure di riferimento, evitando quegli atteggiamenti antagonistici e ostruzionisti da parte del genitore collocatario che troppe volte sfociano nell'annullamento totale del rapporto con l'altro genitore e nella sindrome della Pas (sindrome di alienazione genitoriale).

 

Il disegno di legge, proposto dai senatori radicali Poretti e Perduca, mira perciò a promuovere, ad esempio, il doppio domicilio per il figlio 'conteso', senza dover obbligatoriamente assegnare l'eventuale casa di proprietà al genitore affidatario (nel 90% dei casi la madre), una parti responsabilità per gli ex-coniugi, sanzioni giudiziarie per chi 'manipola' la prole con l'intento di emarginare l'altro genitore, il mantenimento diretto ecc.

 

Condizioni che, naturalmente, anche i soggetti 'addetti ai lavori', avvocati, consulenti, servizi sociali, giudici, dovrebbero esser pronti a recepire e mettere in pratica, attraverso una più salubre opera di mediazione, lavoro irrinunciabile nella risoluzione del pericolosissimo conflitto familiare.


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