di Fabio Viglione
Siamo sostanzialmente alla vigilia dei referendum sui quali i cittadini saranno chiamati ad esprimersi in materia di giustizia ma il mondo dell’informazione sembra non occuparsene. Nessun interesse suscitano i dibattiti sui temi referendari, solo un rumore di fondo sembra accompagnare il racconto dell’attualità politica
Il rumore di fondo appare più un “ronzio” provocato dai soliti cocciuti assertori dello stato di diritto, della necessità di affrontare le emergenze giudiziarie, forse da chi continua a ritenere che la Giustizia sia, soprattutto, un servizio.
Eppure, quanto farebbe bene al Paese un confronto sui problemi concreti, sulle prospettive di riforma in materia di giustizia, sulla consapevolezza che ognuno può offrire un contributo al dibattito. Anche i partiti politici sembrano non interessati a veicolare flussi informativi per orientare o semplicemente informare i propri bacini elettorali di riferimento.
È sufficiente il “ronzio”, non sembra sia necessario riempire pagine d’agenda e programmi… Forse c’è un timore diffuso da parte delle formazioni partitiche di parlare dei temi referendari che potrebbero mettere in luce incoerenze di posizioni e iniziative legislative promosse o sopportate e non solidamente convinte. Al netto poi delle distinzioni interne ai partiti stessi. E così, con il semplice “ronzio”, ci si accinge a consegnare una scheda ai cittadini chiamati ad utilizzare lo strumento di democrazia diretta.
Peraltro, proprio in ragione della maggiore complessità nella elaborazione di alcuni quesiti referendari, più intenso sarebbe dovuto essere lo sforzo dell’informazione. Proprio per questo ritengo che l’assenza – al netto del “ronzio” – nell’informazione di un adeguato capitolo dedicato ai referendum sulla giustizia veda come maggiormente penalizzati e veri sconfitti proprio i cittadini.
E non condivido le aprioristiche rivendicazioni di aristocrazia tecnicistica volte a sabotare il voto referendario ritenendo non in grado i cittadini di pronunciarsi su temi così complessi e settoriali. La Giustizia non è “affare di magistrati e avvocati” è un Servizio. Prendendo in prestito un concetto espresso da Kelsen la giustizia è principalmente “una qualità di un ordinamento sociale che regoli le relazioni reciproche tra gli uomini”.
Alla costruzione di questa “qualità” concorre un sistema equilibrato, bilanciato e soprattutto riconosciuto e percepito come credibile. La percezione che il sistema sia “giusto” passa anche dal confronto e dal dialogo esteso e orizzontale in sintonia con una verticalità tecnica che si deve all’esperienza, alla conoscenza, all’impegno settoriale quotidiano. E non si tratta, è bene dirlo, di un referendum “contro”.
Meno che mai “contro i magistrati”, cui è attribuita una funzione centrale e decisiva in ogni paese democratico, per realizzare lo Stato di Diritto. E allora, è bene che si guardi al merito delle questioni proposte qualunque sia l’idea della criticità o del correttivo proposto dal referendum abrogativo.
Esiste un problema legato ad un eccessivo ricorso all’utilizzo della cosiddetta carcerazione preventiva? È giusto riflettere sulla necessità di distanziare, nelle funzioni, chi giudica rispetto a chi accusa consentendo al magistrato di scegliere senza possibilità di cambiamento? Esiste il rischio di degenerazioni del correntismo nell’ambito delle elezioni dei componenti rappresentativi? Può essere più pregnante la valutazione dell’attività dei magistrati espressa nei consigli giudiziari, oltre che dai colleghi, anche da avvocati e docenti di diritto ? E’ giusto riflettere sulla decadenza automatica da cariche elettive (oltre che sulla incandidabilità e sulla ineleggibilità) per cittadini non condannati in via definitiva?
In questo senso, i quesiti referendari sono una opportunità di porre al centro del dibattito (alcune) criticità di sistema e proposte di correttivi. Non saranno certamente salvifici, non potrebbero esserlo, ma rappresentano certamente un tentativo di offrire risposte di discontinuità con situazioni diffusamente avvertite come non virtuose.
A prescindere dalle singole e diverse risposte (condivisibili o meno) che ai quesiti referendari si possono fornire, credo sia massimamente qualificante per la comunità poter contare su un approccio propositivo da parte dei cittadini, veri fruitori del servizio e, dunque, protagonisti delle scelte. Ecco perché, nonostante l’informazione scarsamente approfondita e diffusa, credo sia quanto mai utile trasformare quel fastidioso “ronzio” in una più gradevole e amplificata “melodia”.
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