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19/11/24 ore

Referendum Giustizia Giusta 2021: al 5 luglio, presso il Comune di Roma, non si può ancora firmare



Dal 2 luglio 2021 ha avuto ufficialmente inizio la raccolta di firme per i sei referendum sulla giustizia giusta, presentati dai radicali. Nei novanta giorni dalla presentazione dei quesiti referendari vanno raccolte le firme di sostegno, da raccogliere entro il 20 settembre così da poter depositarle presso la Corte di Cassazione entro il termine fissato dalla legge: 30 settembre 2021.

 

Un tempo ristretto, meno di tre mesi, coincidenti col periodo estivo: di conseguenza è importante che la macchina organizzativa e le istituzioni funzionino senza intoppi.

 

Nel primo week-end (3-4 luglio) sono stati allestiti tavoli e gazebo in tutta Italia, che hanno avuto un buon riscontro nella partecipazione dei cittadini. Al fine di rimediare alla ridotta informazione al riguardo fornita da giornali e tv, è bene qui ricordare che per legge le firme possono essere raccolte ed autenticate anche presso gli uffici comunali.

 

Infatti, i comuni informano sui loro siti quali sono le iniziative referendarie in corso, indicando gli orari di ricevimento. Lo ha fatto anche il Comune di Roma sulla pagina web apposita del sito istituzionale.

 

A quattro giorni dall’inizio abbiamo deciso di andare a firmare presso il Municipio I, in via Petroselli a Roma. Lunedì 5 luglio l’usciere che ci accoglie all’ingresso non sa nemmeno dove indirizzarci. Dopo un paio di sondaggi agli impiegati di sportello, siamo dirottati agli uffici demografici, stanza 3. Alla richiesta ci viene sottoposto soltanto un modulo relativo a una proposta di legge di iniziativa popolare per un referendum sull’eutanasia legale, ma non quelli dei sei referendum sulla giustizia.

 

Fra l’altro, va sottolineato che sul sito web del Comune di Roma sono citati anche altri due referendum (relativi alla caccia) che l’impiegata non ci sottopone nemmeno.

 

Informata del fatto, l’impiegata gentilmente si reca a chiedere delucidazioni e ritorna per comunicare che al momento i moduli non ci sono, perché evidentemente in attesa di vidimazione da parte dei funzionari. Ancora una volta si deve così registrare come la prima a trovarsi fuori dalla legalità, è quella amministrazione pubblica che la dovrebbe garantire.

 

Non si può nemmeno sostenere che ciò avvenga per un deliberato sabotaggio, perché probabilmente si deve piuttosto alla congenita sciatteria con la quale è gestito il nostro apparato amministrativo.

 

Fatto è che, in questo modo, gli strumenti della democrazia partecipata e i diritti dei cittadini devono di continuo fronteggiare gli ostacoli frapposti da chi dovrebbe invece essere preposto a salvaguardarli e sostenerli.

 

I novanta giorni previsti dalla normativa sono così decurtati per opera degli uffici pubblici, una ulteriore dimostrazione di quanto siamo lontani dall’essere uno Stato di diritto. (red.)

 

 


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