di Gianni Carbotti e Camillo Maffia
Dallo scorso luglio 120 rifugiati politici sudanesi stanno in mezzo a una strada, buttati fuori dal Comune di Roma, in via Scorticabove: la comunità viveva da tempo in una condizione di autogestione all'interno di una struttura che era stata affidata a una cooperativa.
In base a quanto racconta la comunità, l'ente gestore ha lasciato l'immobile in modo improvviso pochi anni fa, prima di essere coinvolto nello scandalo che è stato definito da stampa e giudici “Mafia Capitale”, ma nonostante questo ha ricevuto un avviso di sfratto dall'attuale amministrazione, che si è risolto con lo sgombero dei migranti.
Questi erano stati accolti nello stabile ai primi del Duemila, dopo una permanenza nella storica occupazione nota come “Hotel Africa”, e il riconoscimento dello status di rifugiatinegli anni in cui quella del loro Paese d'origine era definita dalla comunità internazionale “la più grave situazione umanitaria esistente”.
In questi mesi gli incontri con l'assessorato non hanno ancora portato a risultati concreti e il gruppo si trova accampato nella strada in cui sorge l'edificio in attesa di una soluzione, mentre si avvicinano le prime ondate di freddo, a rischio di un nuovo sgombero.
Abbiamo approfondito questa emblematica vicenda con Adam Isshak, portavoce della comunità, e Marco Brazzoduro, presidente di Cittadinanza e minoranze.
Roma, quei rifugiati politici sudanesi buttati in mezzo a una strada. Interviste a Adam Isshak e Marco Brazzoduro (Agenzia Radicale Video)
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