di Gianni Carbotti e Camillo Maffia
Alla fine, lo sgombero del Camping River è avvenuto. I rom sono stati cacciati via e la querelle si è conclusa con l'evacuazione forzata dell'insediamento. Ma chi festeggia sta commettendo un gravissimo errore. Esiste infatti una notevole differenza fra il fare “qualcosa di destra”, violando o meno il rispetto dei diritti umani, e creare un grave precedente nell'ambito dei beni e delle strutture dell'erario.
Il sindaco Gianni Alemanno, per esempio, faceva qualcosa di destra: sgomberava i campi abusivi per trasferire i rom nei campi regolari. Lo faceva col beneplacito della Lega, e i cittadini erano contenti perché invocavano la ruspa e questa oplà!, si manifestava. I rom venivano deportati al di fuori del centro abitato, nelle riserve, all'interno di ghetti mostruosi che hanno sconvolto l'opinione pubblica nazionale e internazionale. Certamente una cosa di destra, per non dire di estrema destra: generalmente, si tende a collocare in questa seconda ipotesi il trasferimento in massa all'interno di mega-campi di una fetta della popolazione indigente su base etnica. Però come tutti gli estremismi, ecco, ha una sua logica: perversa, secondo la Procura di Roma criminale (in base alle indagini della operazione “Mondo di mezzo”, che hanno gettato una luce sinistra sulle cose di destra fatte dalla giunta Alemanno), ma inequivocabilmente logica.
Se invece si sgomberano i campi regolari per crearne di abusivi, ebbene, non la si può spacciare neppure per una cosa di estrema destra; non la si può contrabbandare come “ruspa”: è solo un gravissimo precedente, e nient'altro. I cittadini festeggiano senza riflettere sul fatto che una struttura di accoglienza comunale è stata dichiarata “abusiva” dalla Giunta in carica solo perché sono saltati gli accordi con l'ente gestore, e gli accolti sono stati messi in mezzo a una strada.
Oggi tocca ai rom, ma domani potrebbe benissimo trattarsi di una struttura che accoglie anche italiani in difficoltà, o di un complesso sanitario oppure, perché no, di una biblioteca pubblica. Il concetto è che l'amministrazione può svegliarsi e decidere che le strutture pubbliche, pagate dai cittadini per una funzione specifica, sono diventate abusive, e che quindi le si può sgomberare di punto in bianco, per di più facendo a pezzi i beni dell'erario.
È quel che è accaduto con i 50 container presenti nel Camping: ma se passa questo concetto niente di pubblico, all'interno della città, è più al sicuro River. Nessun servizio si può più dare per scontato. Foss'anche un istituto che si prende cura degli orfani, domattina la signora Virginia si potrebbe destare da sonni inquieti, litigare con l'ente che lo gestisce, non rinnovargli l'appalto e decidere che l'istituto è abusivo. E tagliare quindi ai bambini i beni di prima necessità, spaccargli i letti, gettargli i giocattoli in terra e infine buttarli a dormire sotto la pioggia, proprio come ha fatto con i bambini rom di Camping River.
I cittadini romani che festeggiano, evidentemente, non hanno riflettuto su questo, complice la propaganda del Movimento, che tiene lontani i romani dalla realtà a colpi di proposte, per la verità, una più strampalata dell'altra, ma senza dubbio ad effetto.
L'ultima, il coinvolgimento nientemeno che dell'Esercito Italiano per risolvere il problema dei campi nomadi. Ovvero, invocare un intervento militare per circa 7.800 indigenti, di cui almeno la metà minori, stipati alla bell'e meglio dentro strutture fatiscenti in una Capitale che sfiora i tre milioni di residenti. Il “piano nomadi” lanciato ormai più di un anno fa deve aver dato buoni frutti, se ora ci vogliono le camionette per risolvere il problema – e perché non chiedere direttamente ai marines o ai caschi blu se vogliono venire a darci una mano?
Si potrebbe istituire una task force apposita, oppure chiedere alla NATO di coordinare un'azione a base di ruspe. A sentire la Raggi, l'intervento dell'esercito è indispensabile per via dei roghi tossici. Sì, perché per come la mette lei gli incendi dei rifiuti, scaricati abusivamente dalle ditte a ridosso dei campi nomadi e smaltiti altrettanto abusivamente mediante accordi con i rom che vi risiedono, rappresentano un grave pericolo per la salute dei cittadini romani. In virtù di tale emergenza la polizia ordinaria, sotto organico di circa 3.000 unità, non è più sufficiente. Queste le affermazioni della sindaca, e a leggerle così parrebbero perfino sensate – se non fosse per qualche lieve dimenticanza. Non ce ne voglia la prima cittadina se ci permettiamo di colmare le lacune del suo racconto.
Il problema dei roghi tossici, secondo quanto denunciato in primis da esponenti della stessa Regione Lazio, riguarda anzitutto e perlopiù il campo nomadi La Barbuta, ubicato nei pressi dell'aeroporto di Ciampino. Numerosi incendi sono stati registrati nell'area. L'esasperazione dei residenti è facilmente comprensibile se solo si guarda alla mastodontica discarica abusiva che sorge da anni ormai a ridosso del campo, che si stende per ettari di terreno annoverando al suo interno i materiali più diversi e pericolosi, inclusi amianto ed eternit.
C'è però il dettaglio: il piano nomadi della Raggi si pone come obiettivo di superare un solo ed unico mega-insediamento. Gli altri due campi inseriti all'interno del progetto sono La Monachina, un campo piccolo non regolare, e lo stesso Camping River, incluso nel piano tramite delibera e poi sgomberato a capriccio con la motivazione che i rom non avrebbero collaborato al progetto. (Su tale motivazione torneremo più in basso).
Il mega-insediamento in questione è precisamente La Barbuta, per il superamento del quale la Giunta ha previsto, nella primavera dello scorso anno, la bellezza di 3 milioni e 800 mila euro attinti dal PON Città Metropolitane. Si tratta di un fondo europeo che non è affatto destinato unicamente ai rom, ma che si potrebbe tranquillamente utilizzare per le tante emergenze strutturali che affliggono la Capitale.
Quando la Raggi afferma che vuole superare i campi con gli “appositi” fondi europei, ha anche lì una lieve dimenticanza: i fondi sono sì europei, ma non “appositi”. Il quadro di finanziamento relativo alla Strategia d'inclusione per rom e sinti, ratificata dall'Europa nel 2012, infatti, comprende fondi già stanziati che la Giunta non ha neppure richiesto. Né tantomeno ha avviato l'iter procedurale, nonostante l'attuazione del documento sia stata prorogata dal governo Renzi fino all'anno 2020.
La Giunta Raggi ha preferito invece attingere dal PON Metro quasi quattro milioni, che si poteva quindi destinare a tutto fuorché al superamento dei campi visto che per i rom erano già disponibili altri fondi appositi, proprio per il superamento de La Barbuta. Oltre un anno dopo, la stessa Giunta viene a dirci che per spegnere i roghi tossici a La Barbuta non basta più chiamare i pompieri, ma ci vuole l'esercito. E che ne è del “percorso sperimentale” avviato per la chiusura del campo? Ma soprattutto: che ne sarà dei quasi quattro milioni del PON Metro bloccati per superare il campo, a fronte di una città che cade a pezzi, le cui immagini fanno sempre più il giro del mondo sconvolto davanti a tanta incomprensibile decadenza? Non è dato saperlo.
Su questo infatti la sindaca non dà risposte. Al contrario, afferma: “Io lavoro da un anno con le persone del Camping River. E abbiamo un piano che riguarda altri due campi. Ho seguito sempre la strada dell'inclusione”. Be', è evidente che qualcosa non quadra. Lei lavora da un anno con le persone del Camping River, che però sono state buttate fuori in malo modo dal campo. Ha un piano che riguarda altri due campi, di cui quello piccolo (La Monachina) verte sempre nelle medesime condizioni, mentre per quello grande (La Barbuta) è la sindaca stessa a invocare addirittura le camionette. Ha sempre seguito la strada dell'inclusione, e però è la prima sindaca nella storia della Capitale che anziché sgomberare i campi abusivi per mandare i rom in quelli regolari ha sgomberato un campo regolare per mandarli in giro per Roma a fare campi abusivi.
Senza contare che la via maggiormente propagandata dalla sindaca negli ultimi tempi è stata quella dei rimpatri (accettata da sole 14 persone sulle circa 400 che risiedevano a Camping River) che sarebbe davvero difficile immaginare come “strada dell'inclusione”. Bisognerebbe distorcere parecchio il significato della parola: il concetto di “includere in un tessuto sociale” mal si sposa col concetto di “escludere dal tessuto sociale” mettendo in mano a una famiglia disperata pochi spicci per tornarsene al Paese da cui era fuggita.
È necessario, però, approfondire in che cosa consiste la strada dell'inclusione voluta dalla sindaca, redatta dalla Super-Esperta e implementata (si fa per dire) dal Movimento dell'Onestà, al fine di comprendere fino a che punto si spinga l'assurdo in cui è impelagata attualmente la questione. Anzitutto, occorre premettere che in diversi insediamenti i servizi di base sono stati tagliati: qui non c'è acqua, lì manca la corrente, altrove i percorsi di scolarizzazione non sono che un ricordo.
Camping River, in questo, è emblematico perché era considerato un campo-modello sotto molti punti di vista, prima che l'assenza di gestione caratteristica dei “grillini” a Roma si abbattesse sulla vita dei residenti. In tale scenario di desolazione umana e ambientale, si staglia il concetto di base su cui si fonda il “piano nomadi”, e cioè: contributi economici comunali affinché i rom trovino una casa in affitto lasciando, di conseguenza, il campo. Si ricordi qui che per la realizzazione dei quattro assi d'intervento della Strategia, ovvero casa, scuola, lavoro e sanità, sono già disponibili i fondi europei che la Giunta non ha mai richiesto, preferendo attingere a quelli del PON Metro destinati a tutti i cittadini romani, rom o meno che siano.
E val la pena rammentare anche che il brillante piano a cura della Super-Esperta non serviva, visto che c'è già una Strategia, peraltro approvata dall'Europa, che attende unicamente di essere applicata a livello locale. I contribuenti però hanno pagato la Super-Esperta voluta dal Movimento di Grillo, il quale nega ogni valore all'esperienza politica sostenendo che quello del politico non sia un mestiere, ma si appoggia volentieri all'esperienza degli esperti, purché siano i cittadini a pagarli.
E la Super-Esperta ha partorito questa modalità d'intervento come progetto principale. Ma a ben guardare, si tratta di un concetto assurdo non soltanto se applicato ai rom, ma a qualunque cittadino indipendentemente dall'etnia. È sufficiente mettersi nei panni di un affittuario, per ritrovarsi in una scena che ricorda le commedie classiche di Aristofane o di Plauto. Immaginiamo che non sia affatto un rom dei campi nomadi a recarsi in un appartamento col buono-affitto pagato dal Comune, ma un italiano di nome Mario Rossi. Si propone qui una simulazione:
(Mario è nella casa dell'affittuario, reduce dal giro canonico dell'appartamento).
MARIO – Permesso...
AFFITTUARIO – Venga, venga, si accomodi. Allora? Che ne pensa dell'appartamento, le piace?
MARIO – Eh, per esser bello, è bello...
AFFITTUARIO – Bene, bene, mi compiaccio. Mi diceva però che lei non è in possesso di un reddito, non è così?
MARIO – Nossignore.
AFFITTUARIO – Attualmente dove vive?
MARIO – In una baracca, se così piace a Vostra Affittuarietà.
AFFITTUARIO – Dunque lei è un baraccato.
MARIO – Be', veramente...
AFFITTUARIO – Eh no, abbia pazienza; va bene il buonismo, ma qui lo dice la parola: se lei vive in una baracca, è un baraccato.
MARIO – Non fa una piega.
AFFITTUARIO – Lo credo bene! Le posso chiedere quali garanzie offre?
MARIO – Prego?
AFFITTUARIO – Le garanzie! Sì, insomma, come pensa di pagarlo l'appartamento?
MARIO – Ho un buono-affitto del Comune, Eccellenza...
AFFITTUARIO – Ma che Eccellenza, lasci stare...
MARIO – Ho un buono-affitto, Commendatore, della durata di due anni.
AFFITTUARIO – Due anni?! E di quanto, se posso chiederglielo?
MARIO – Diecimila euro.
AFFITTUARIO – Al mese?
MARIO – No no, magari... Diecimila euro in tutto.
AFFITTUARIO – Ma cos'è, uno scherzo? Le bastano a malapena per pagare l'affitto ogni mese, per soli due anni! E per tutto il resto, come farà a campare? Cibo, bollette, spese di ogni genere? E soprattutto: finiti i due anni, che farà?
MARIO – Ah, io non lo so. L'Esperta dice...
AFFITTUARIO – Ma quale Esperta, non mi faccia perdere tempo! Senta, buon uomo, io la voglio aiutare, perché vedo che lei è in difficoltà, ma non so proprio come posso... Vediamo. Questi contributi, almeno, sono certi?
MARIO – Sì, sì! Cioè, c'è scritto nella delibera...
AFFITTUARIO – Eh, sì, la delibera! No, le domando: è sicuro che lei, qualunque cosa accada, riceverà per due anni questo danaro?
MARIO – Niente affatto. Anzi. Fino ad oggi, non ho visto un soldo; dicono che ci rientro, nel beneficio, ma ancora non m'hanno dato nulla. E in ogni caso, il Comune mi può togliere i soldi in qualunque momento.
AFFITTUARIO – Allora è veramente uno scherzo! Lei è venuto qua per prendermi in giro? Ma cosa crede? Che io mi metta dentro casa un baraccato disoccupato, senza alcuna garanzia, che possiede soltanto la promessa di un buono comunale di diecimila euro per due anni, revocabile in qualunque momento? Come le è venuta in mente una cosa del genere?
MARIO – Mica è venuta in mente a me, Eminenza! E' stata l'Esperta che...
AFFITTUARIO – Fuori, fuori, lei e l'Esperta! E non si faccia più vedere, ha capito?
Se, fedelmente alla tradizione classica, Mario andasse a cercare l'Esperta con gli stessi sentimenti che animano Strepsiade quando si reca al Pensatoio nel finale delle Nuvole di Aristofane, chiunque converrebbe che ne avrebbe ben donde. Purtroppo, però, tutto annega nella duplice marea di chiacchiere che ricopre sempre più il dibattito. Il cittadino è diviso tra la propaganda xenofoba di matrice leghista (all'origine di episodi come l'annuncio razzista sul treno Milano-Cremona-Mantova) e quella pentastellata.
In base a quest'ultima la Raggi avrebbe, come vedevamo, lavorato un anno con le persone di Camping River, mediante l'impiego di idee geniali quali quella descritta nel breve dialogo sopra. E non è tutto: se il nostro Mario, poveraccio, non potrebbe subire che la defenestrazione da parte dell'affittuario, a un rom di Camping River andrebbe peggio. Già, perché è opportuno qui ricordare, a fronte dei virtuosismi virtuali di Virginia Raggi, la vicenda di Giorgio Halilovic, il residente del campo multato a causa del furgone non in regola, che si è visto revocare dal Comune i contributi non soltanto per sé, ma alla sua intera famiglia. Contributi che Halilovic afferma di non aver mai visto in vita sua, neppure col cannocchiale. È precisamente così che la Raggi ha lavorato, per un anno, con le persone del Camping River.
È chiaro quindi che ostinarsi a far rientrare la questione dei rom in quella più ampia della crisi migratoria è soltanto un'abile mossa per distrarre da una verità di fondo: i campi nomadi ci sono perché non sono state applicate le normative.
La Strategia, infatti, non è di destra o di sinistra: posto che fu varata dal governo Berlusconi, è stata approvata per la semplice ragione che è ben fatta, logica e fondata su percorsi definiti. Questi poggiano peraltro su un quadro di finanziamento più che sufficiente, il quale a sua volta non andrebbe a gravare sulle casse delle amministrazioni locali, né su quelle dello Stato. Se la Raggi avesse davvero voluto superare i campi secondo le direttive europee, lo avrebbe fatto implementando il documento, convocando l'apposito Tavolo d'inclusione secondo la procedura e applicando i relativi schemi di governance.
La Giunta ha preferito redarre un piano nomadi completamente astratto, per poi delegare concretamente la gestione del fenomeno alle forze dell'ordine. Pertanto le recenti polemiche nei riguardi della polizia municipale sono, ad avviso di chi scrive, piuttosto oziose. Di tutto ciò che racconta la Raggi, di concreto c'è che la polizia è realmente sotto organico. Ma proprio per questo prendere cento divise e impiegarle per cacciare le famiglie di casa senza preavviso, come è accaduto a Camping River, oltre a essere una chiara violazione della Carta dei diritti economici, sociali e culturali è anche un pessimo modo di garantire la sicurezza dei cittadini.
I poliziotti non sono la carta jolly del mazzo delle responsabilità pubbliche: hanno dei compiti precisi, che vengono formati per compiere, nei quali non rientrano le politiche sociali né tantomeno quelle d'inclusione. A loro spetterebbe presidiare e intervenire laddove si verifichino dei disordini. All'assessorato spetterebbe invece, com'è sempre accaduto paradossalmente anche all'epoca di Benito Mussolini e di Margaret Thatcher, individuare soluzioni alternative d'alloggio per gli indigenti laddove si opti per la demolizione di una pubblica struttura d'accoglienza.
Se il Comune questo non lo fa, e manda un drappello di poliziotti a buttar fuori la gente dai container, non ha molto senso prendersela con quei poliziotti, ma con chi li ha inviati sul posto. E se, com'è avvenuto, s'invia uno sparuto manipolo di agenti a presidiare il campo sgomberato di fronte alle famiglie accampate dall'altro lato della strada in una sera di pioggia, è abbastanza probabile che gli indigenti tentino di ripararsi.
Si verificheranno quindi degli scontri con i rom che cercheranno inevitabilmente di rientrare: in questo caso, però, non dovrebbe essere troppo difficile comprendere che sono stati violati sia i diritti dei rom sia i diritti delle forze dell'ordine. Ma il dibattito è attualmente spaccato tra chi difende gli agenti e chi difende le famiglie sgomberate, il che, com'è ovvio, non ha il benché minimo senso.
La situazione, pertanto, appare priva di via d'uscita, e a pagare sono i soggetti più deboli e fragili, come il neonato del Camping River che ad appena un mese è stato gettato in mezzo alla “strada dell'inclusione”, buttato in mezzo alla “Terza Via” dalle politiche d'inclusione super-esperte del Movimento 5 Stelle.
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