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16/11/24 ore

Rom, le "leggi speciali" nella Capitale sono già in atto? Intervista a Samir Alija



di Gianni Carbotti e Camillo Maffia

 

Gli ultimi sviluppi delle politiche sui campi nomadi nella Capitale sono tanto significativi in rapporto ai cambiamenti più ampi che coinvolgono l'intero Paese da meritare un approfondimento particolare. Recentemente (30 giugno) sono scaduti definitivamente i termini oltre i quali il “Camping River”, in via Tenuta Piccirilli, avrebbe dovuto essere sgomberato. Le forze dell'ordine si sono quindi recate nell'insediamento che, ricordiamo, è attualmente in una condizione molto particolare: il terreno è di proprietà della società Seges, che sta ospitando i rom residenti in attesa di una soluzione; vi sono però beni e servizi, all'interno del campo, che sono invece di proprietà del Comune, come le utenze e i moduli abitativi.

 

Ebbene, la polizia municipale non ha sgomberato nessuno. Si è limitata a fare letteralmente a pezzi i container: come nell'ambito di un qualsiasi atto vandalico, i poliziotti sono entrati, hanno spaccato i moduli pagati dai contribuenti (che si sarebbe potuto tranquillamente riciclare per altre emergenze) e se ne sono andati. Inutile specificare che non si è trattato certo di una iniziativa delle forze dell'ordine: queste si sono limitate a eseguire quanto stabilito dall'amministrazione, e non potevano agire altrimenti.

 

È difficile pertanto capire il recente botta e risposta tra il ministro Salvini e la sindaca Raggi, specialmente quando quest'ultima afferma che da due anni starebbe procedendo a un piano per il superamento dei campi nomadi nel rispetto dei diritti umani fondamentali. Il “Camping River” è stato incluso in questo piano con apposita delibera, però non solo risulta che soltanto una famiglia sia riuscita a trovare una soluzione abitativa diversa grazie alla carità di un ente religioso, ma i residenti sono stati vittime di interventi che appaiono ormai come semplici soprusi, dal distacco graduale delle utenze fino a quest'ultima azione che fa certamente pensare più al teppismo di strada che a politiche d'inclusione sociale.

 

I frammenti dei container fatti a pezzi sono stati lasciati sul terreno, che nessuna delle famiglie ha abbandonato: praticamente, la giunta Raggi è intervenuta affinché famiglie indigenti che prima dormivano in moduli comunali ora dormano sull'asfalto, dentro le tende.

 

Se la ratio dietro simili provvedimenti appare impossibile da individuare, ancora più gratuito sembra l'intervento della polizia municipale presso il campo nomadi in via di Salone, avvenuto pochi giorni più tardi. Captatio benevolentiae nei riguardi della ruspa salviniana? Una tesi simile non spiegherebbe perché allora la Raggi sembri aver preso le distanze dai toni e dai metodi invocati dal ministro dell'Interno. Sta di fatto che ai rom del campo in questione è stato vietato di parcheggiare i propri veicoli a meno di sei chilometri dall'insediamento.

 

La struttura è regolare e autorizzata; il parcheggio è stato realizzato appositamente per i residenti, fra i quali vi sono cittadini italiani che lavorano e pagano le tasse, che a quanto riferiscono stanno subendo restrizioni su base etnica alla loro libertà di circolazione. Peraltro la situazione è molto pericolosa in quanto raggiungere il campo di Salone a piedi può essere letale. Uomini, donne, bambini, disabili e anziani dovrebbero infatti incamminarsi lungo le strade di campagna, per chilometri, nel tentativo di recarsi in uno dei villaggi più distanti dal centro abitato.

 

Chi scrive si è recato una volta a piedi lì diversi anni fa e può confermare i rischi per l'incolumità rappresentati da un simile tragitto.

 

Ma non è neppure questo il punto: all'insediarsi del Governo del Cambiamento, la senatrice Liliana Segre ha espresso timore per la possibilità di “leggi speciali” nei confronti delle comunità rom e sinti. Ebbene, tali provvedimenti sono già in vigore di fatto. Infatti se, come in una vecchia barzelletta, un italiano, un americano e un cinese volessero parcheggiare a tre chilometri circa da via di Salone 323 potrebbero farlo; un rom no.

 

Le ragioni alla base di questo provvedimento non sono chiare (“Motivi di sicurezza”, avrebbe riferito la municipale), ma qualunque esse siano non si può prescindere dall'elemento “razziale” che le caratterizza.

 

Allo stesso modo, è chiaro che se dei cittadini italiani in condizioni di disagio sociale, accampati su un terreno privato ospiti dei proprietari stessi all'interno di moduli abitativi comunali, fossero stati buttati fuori e avessero assistito alla distruzione dei container, è lecito supporre che sarebbe seguita un'inchiesta giudiziaria, sebbene sia impossibile immaginare qualcosa di simile, non essendo mai avvenuto niente del genere, per quanto ne sappiamo, a cittadini italiani. E però anche molte delle famiglie di Camping River sono in possesso della cittadinanza italiana: la discriminante, dunque, è l'etnia.

 

Abbiamo approfondito questo ed altri aspetti con Samir Alija, attivista e mediatore culturale residente presso il campo di Salone.

 

- Intervista a Samir Alija (Agenzia Radicale Video)

 

 


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