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16/11/24 ore

Giustizia, l'Europa ci chiede un cambio culturale


  • Andrea Spinelli Barrile

Non deve essere stata particolarmente piacevole la visita in Italia che il Commissario europeo sui Diritti Umani, Nils Muiznieks ha svolto nel luglio scorso. Oggi il commissario ha pubblicato il suo primo rapporto proprio sull'Italia che dovrebbe far riflettere molti.

 

Se da un lato Muiznieks in Italia ha “percepito una vera volontà di voltare pagina”, spiegando che esiste oggi un “consenso generale” del paese, ha altresì riscontrato anch'egli una sorta di prepotente urgenza nell'attuare delle serie riforme strutturali per il Paese.

 

Il Commissario europeo si è soffermato in particolare sulla giustizia: all'Italia sono chieste riforme, e non proclami, che derivino più che da maggiori investimenti dalla “volontà e visione nell'implementare le misure necessarie” ad una riforma seria dell'intero sistema. Muiznieks osserva che, oltre all'intero impianto giustizia (procedura compresa) a cambiare deve essere anche la “cultura giudiziaria” italiana, un cambiamento che “solo con una riforma radicale è possibile ottenere”.

 

I tempi biblici dei processi italiani costano all'Italia l'1% del Pil ogni anno e sono fonte di preoccupazione storica del Consiglio, che monitora da vicino la situazione esercitando pressione sui governi succedutisi negli anni (fino ad oggi con nessun risultato, viste le condizioni attuali).

 

Oltre alla lentezza dei processi, Muiznieks ha trovato eccessivo il carico di lavoro dei tribunali, estremamente complesse le procedure, gli uffici disorganizzati e avvocati in quantità sproporzionata alle esigenze dei cittadini.

 

In Europa, tuttavia, il bandolo della matassa si complica. Il numero dei ricorsi ha intasato anche la Corte europea di Giustizia, che passa larghissima parte del suo tempo a sbrigare il lavoro che i tribunali italiani non sono riusciti ad evadere: 1400 ricorsi per lesione del diritto ad equo processo in tempi ragionevoli, 5000 ricorsi per le procedure previste dalla legge Pinto e, solo allo stato attuale, 2500 sentenze contro l'Italia.

 

La soluzione offerta dal commissario, oltre ad una “riforma radicale della giustizia”, prende spunto anche da quanto fatto dal tribunale di Torino, un “buon esempio che ha attuato il Programma di Strasburgo nel 2011: regole chiare e consigli pratici per i giudici ed il personale del tribunale (codificati in un manuale), fra cui il non rinvio delle udienze, la definizione in via prioritaria dei contenziosi aperti da più di tre anni, nonché delle linee guida per l'escussione dei testimoni”. Misure, quelle auspicate dal Commissario Muiznieks, certamente non folli, non nuove, ma certamente radicali.

 

E proprio i Radicali, che da anni chiedono una riforma strutturale del sistema giustizia, sono portatori di quei concetti chiave che permetterebbero all'Italia di adeguarsi agli standard dei diritti umani in Europa.


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