Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

23/12/24 ore

Riforma dell'ordinamento penitenziario: quel sogno rimesso nel cassetto



"Abbiamo varato tre decreti attuativi della riforma dell'ordinamento penitenziario". Messe così, le parole di Paolo Gentiloni in conferenza stampa, battute dalle agenzie, farebbero, a una lettura superficiale, cantare persino vittoria a chi si batte da anni per la civiltà del nostro sistema carcerario. E invece no, non è andata come speravano Rita Bernardini e i radicali.

 

Piuttosto, la vicenda ha preso la piega più temuta. Infatti, l'unico decreto attuativo andato fin qui a buon fine, con il Cdm del 22 dicembre, ha visto arrestare bruscamente il suo iter. Pare che non sia arrivato il parere della Commissione bilancio previsto per legge. Almeno questa è la motivazione fornita a caldo. Per questo il Governo avrebbe preso la palla al balzo, ponendo in stand by la riforma scomoda in campagna elettorale, che riguardava sostanzialmente il miglioramento della vita in carcere.

 

In compenso, è stato avviato il tortuoso iter presso le commissioni parlamentari di parte della riforma fino a oggi rimasta al palo, ma che vedrà forse la luce nella prossima legislatura, con i rischi e i tempi lunghi del caso.

 

Appresa la notizia, Rita Bernardini, giunta oggi al 31° giorno di sciopero della fame per la riforma dell'ordinamento penitenziario, non è stata tenera col premier Gentiloni e le sue “promesse”, tanto meno col ministro di Giustizia Orlando.

 

Il Consiglio dei Ministri – recita il comunicato coordinatrice della Presidenza del Partito Radicale - ha deciso oggi di mettere nel cassetto la riforma dell'ordinamento penitenziario. Lo ha fatto nel peggiore dei modi, ipocritamente licenziando preliminarmente altri tre decreti delegati che devono ancora compiere tutto l'iter dei pareri delle commissioni giustizia di Camera e Senato.

 

Quello sulle pene alternative, che aveva già compiuto un passaggio nelle commissioni e che avrebbe richiesto solo 10 giorni di tempo per la definitiva approvazione, lo hanno messo in stand by, a futura memoria.

 

Il Presidente del Consiglio Gentiloni ha parlato di approvazione nei prossimi mesi. Arrogantemente ritiene di conoscere già i risultati elettorali, probabilmente pensa che gli esiti di una legge elettorale incostituzionale saranno quelli da lui e da Napolitano previsti.

 

Fra quanto detto oggi da Gentiloni al termine del Consiglio dei Ministri si paventa che il rischio che il sistema, senza correzioni, non è sufficientemente efficace a ridurre la recidiva. Come dimostrano tutti gli studi in materia, non c'è il rischio, c'è la certezza che il carcere per come è oggi (inumano e degradante) sia la fabbrica della recidiva.

 

Da parte sua, il Ministro della Giustizia Andrea Orlando, accusa il colpo pur avendo gestito nel peggiore dei modi il cammino della riforma dell'ordinamento penitenziario iniziato positivamente nel 2015 con gli Stati Generali dell'esecuzione penale.

 

Non si doveva arrivare, come il Partito Radicale ha più volte ammonito, a ridosso della scadenza elettorale, occorreva essere veramente forza di governo, capace di gestire le situazioni soprattutto in presenza di violazione di diritti umani fondamentali già sanzionata pesantemente nel 2013 dalla Corte Europea dei diritti dell'Uomo.

 

Letteralmente calpestato il dialogo messo in moto con il Satyagraha di 10.000 detenuti, di centinaia di cittadini 'liberi', dei Garanti nazionali, del mio sciopero della fame e con la clamorosa presa di posizione a favore della riforma di oltre 300 giuristi, avvocati, magistrati e professori”.

 

 


Aggiungi commento