E' "moralmente lecito rinunciare all'applicazione di mezzi terapeutici, o sospenderli, quando il loro impiego non corrisponde a quel criterio etico e umanistico che verrà in seguito definito proporzionalità delle cure". Lo ha detto Papa Francesco nel messaggio inviato a mons. Vincenzo Paglia e ai partecipanti al Meeting Regionale Europeo della World Medical Association sul "fine vita" promosso dalla Pontificia Accademia.
Il Ponteficie chiede in proposito "un supplemento di saggezza, perché oggi è più insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo, ma talora non giovano al bene integrale della persona".
Nella Lettera il Papa ne parla con la consapevolezza dei successi raggiunti dalla medicina in campo terapeutico e di quanto "gli interventi sul corpo umano diventino sempre più efficaci, ma non sempre risolutivi". Una scelta, quella di sospendere le cure - procede il Pontefice, secondo quanto riporta Radio Vaticana - che assume responsabilmente il limite della condizione umana mortale, nel momento in cui prende atto di "non poterla più contrastare", "senza aprire giustificazioni alla soppressione del vivere". Un'azione, dunque, "che ha un significato etico completamente diverso dall'eutanasia, che rimane sempre illecita, in quanto si propone di interrompere la vita, procurando la morte".
Per l'Associazione Luca Coscioni, "dal Papa è arrivato un importante segnale di apertura al tema della sospensione delle cure, anche quando tale sospensione conduca alla morte.
Nel nostro Paese manca una legge che garantisca – come farebbe, se approvata, quella in discussione al Senato – il diritto di ciascuno a vedere rispettate le proprie volontà sul Biotestamento e sull’interruzione delle cure. Manca dunque una legge persino sulla questione di minimo rispetto dei diritti del malato (garantiti anche dalla Costituzione, ma sistematicamente violati!) che ora è stata posta anche dal Pontefice.
Con un comunicato il tesoriere Marco Cappato ribadisce "la necessità di rispettare la decisione di interrompere le terapie, ritenendo che non vi sia differenza morale - come invece afferma il Papa - tra consentire a un malato terminale di morire sospendendo terapie vitali oppure attraverso un intervento attivo che permetta di accorciare la propria agonia. L’unica persona che può decidere quale sia il momento in cui le cure vanno abbandonate è il malato stesso – ovviamente sentito il medico e beneficiando del massimo di assistenza possibile – ed ha diritto a farlo nelle forme che garantiscano di ridurre al minimo la sofferenza".
Per questo "è necessario legalizzare sia il testamento biologico, che l’interruzione delle terapie che l’eutanasia in senso stretto. L’approvazione della legge sul biotestamento ferma al Senato sarebbe comunque un primo indispensabile passo avanti dopo 32 anni di inerzia parlamentare".
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