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16/11/24 ore

Legge 40, sulla diagnosi preimpianto la Consulta ancora si consulta



Torna “periodicamente”all’esame della Corte Costituzionale la legge 40 del 2004. Questa volta la Consulta è stata chiamata ad esprimersi sul divieto d’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita per le coppie non affette da sterilità o infertilità, ma portatrici di malattie genetiche trasmissibili alla prole.

 

Nel 2014 il Tribunale di Roma, di fronte ai casi di due coppie fertili portatrici di patologie ereditarie desiderose di ricorrere alla PMA, aveva sollevato il dubbio di legittimità costituzionale sull’articolo 1 (comma 1 e 2)e sull’articolo 4 (co. 1), perché in contrasto con gli articoli 2, 3, 32 della Costituzione e con il 117 (comma 1) in relazione agli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo. L’Associazione Luca Coscioni, insieme ad altre attive per la tutela dei pazienti, è stata impegnata nella difesa delle coppie con gli avvocati Filomena Gallo e Gianni Baldini, mentre la Presidenza del Consiglio dei Ministri tramite l’Avvocatura generale dello Stato ha scelto di non difendere la legge.

 

Nei giorni precedenti all’udienza la stessa Gallo, Segretario dell’Associazione Coscioni, anticipava che l’eventuale revoca del divieto non avrebbe creato alcun vuoto normativo, ma che avrebbe indubbiamente favorito la salute della donna e incentivato le nascite. Di fronte alla decisione di un rinvio a una prossima camera di consiglio, presa il 15 aprile dalla Corte Costituzionale, è forte la delusione delle coppie, che difendono con determinazione la propria “libertà di scelta”.

 

La numero 40 del 2004 è una legge, da lungo tempo, denunciata come “crudele e impietosa”. Con giudizio unanime in questo senso i relatori del convegno “Staminali e fecondazione assistita: evoluzione giurisprudenziale dei diritti della persona”, tenutosi, alla sala Zuccari del Senato a Roma l’8 aprile per iniziativa dell’Associazione Luca Coscioni in collaborazione con European Liberal Forum, si sono espressi in merito ai numerosi ostacoli e divieti posti dalla legge. Al centro del dibattito le testimonianze delle già citate coppie, la loro battaglia per l’accesso alla diagnosi genetica preimpianto e le speranze riposte in attesa della sentenza della Corte Costituzionale.

 

Non hanno nascosto rabbia e frustrazione i medici e gli esperti, costretti dalla legge a negare quelle risposte che la scienza sarebbe, oggi, in grado di fornire. Un paradosso, nato in seno ad una società in cui è imperante una forma di “antiscientismo” gratuito, atteggiamento intollerabile agli occhi di Emma Bonino.

 

Come accade in Italia per molte altre questioni connesse alla “libertà e alla responsabilità individuale”, anche le norme in materia di procreazione assistita incontrano una completa assenza di dibattito istituzionale, nonostante i 33 interventi da parte dei tribunali, l’eliminazione di 4 divieti, il dissenso e le perplessità suscitati nel corso degli 11 anni dall’entrata in vigore.

 

Non a caso, l’appello rivolto alla politica da Filomena Gallo, in occasione del convegno, sollecitava il Parlamento a riportare nelle aule il tema e ad intervenire con la rimozione degli ultimi divieti prima che a farlo fossero, ancora una volta, i giudici. Se la politica continua a tacere, non potrà, però, farlo per sempre, come lasciano sperare le parole di Emilia Grazia De Biasi, Presidente della Commissione igiene e sanità del Senato, che ha annunciato di aver incardinato la revisione della legge in Commissione per una “correzione in senso umano”. Senza esporsi sui tempi, la senatrice ha ricordato che alla scelta del testo base seguiranno una discussione generale, gli emendamenti e le decisioni della Commissione Bilancio, il voto in Commissione fino alla calendarizzazione in aula.

 

È in pericolo, come ha ricordato Marco Cappato, Tesoriere dell’Associazione Coscioni, oltre la libertà di ricerca e la salute delle persone, la democrazia stessa.

 

Ludovica Passeri

 

 


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