In assenza di una legge che armonizzi davvero la legislazione in materia di fecondazione, a farla da padrone restano in molti casi le corti di giustizia e dei diritti che a vario titolo decidono e si scontrano. La conferma di questo andazzo ci arriva dalla Corte europea dei diritti umani che ha condannato l’Italia per violazione del diritto di una coppia sposata di poter aver il riconoscimento come figlio di un bambino non avente legame biologico con i genitori.
Si tratta di un caso spinoso di madre surrogata, vale a dire di madre che "affitta" il proprio utero per consentire la maternità a chi è impossibilitato ad avere figli. Nel caso specifico una coppia di Brescia aveva avuto un figlio ricorrendo – non proprio legalmente - a una madre estera, in Ucraina.
In proposito lo scorso novembre la Corte di Cassazione aveva confermato la decisione del giudice di allontanare il bambino dalla famiglia, perché l'Italia non riconosce la pratica della "fecondazione extracorporea".
Le motivazioni di questa decisione sono state ritenute insufficienti dalla Corte di Strasburgo, che con una sentenza ha sottolineato come l’Italia non abbia dimostrato che l'allontanamento del bambino dalla coppia fosse necessario. Da qui la condanna, che riapre il dibattito sul tema che interessa molte coppie in Italia.
Per il segretario dell’Associazione Luca Coscioni, Filomena Gallo, “la sentenza di Strasburgo è importante perché evidenzia la necessità di far prevalere l’interesse del bambino in una situazione dai contorni indefiniti. “In Europa - sottolinea Gallo - esistono legislazioni che permettono la pratica dell’utero surrogato regolato per legge e disciplinato in maniera del tutto legale, a differenza dell’Italia in cui essa è vietata, in base alla legge 40 del 2004, solo se prevede commercializzazione. Tuttavia la stessa legge prevede che i figli nati da tecniche vietate nel nostro Stato siano considerati figli legittimi della coppia”.
“E nel 2000 – ricorda l’avvocatessa - il Tribunale di Roma ha autorizzato un utero surrogato se applicato su base solidale senza commercializzazione del corpo o di parti di esso nel pieno rispetto delle norme in vigore nel nostro Paese e delle norme comunitarie. Oggi quindi molte coppie si recano all’estero per avere un figlio e nell’agosto 2011 il Ministero degli Esteri ha diffuso un documento destinato alle ambasciate italiane il quale forniva indicazioni precise sul comportamento che il funzionario consolare dovesse assumere in presenza di una sospetta maternità surrogata. Il documento afferma letteralmente che in presenza di atti di nascita formalmente validi, il funzionario consolare sebbene a conoscenza del fatto che la nascita aderivi da maternità surrogata, deve accettare gli atti e inoltrarli al Comune competente dando tuttavia nel contempo opportuna informazione delle particolari circostanza della nascita al Comune e alla procura della Repubblica. Sono stati davvero pochi i casi in cui il neonato è stato sottratto alla custodia dei genitori”.
“Il Parlamento italiano – afferma ancora l’esponente dell’associazione radicale - non può non tenere conto di questa fattispecie che determina diversi interventi dei tribunali e ricorsi in sede europea. Occorre legiferare per dare certezza del diritto per le coppie e i bambini e scongiurare situazioni illegali che attualmente potrebbero configurarsi in base alla legge 40”. “I controlli nei momenti delle trascrizioni degli atti di nascita – conclude Gallo - sono necessari ma non possono tradursi in una intromissione nella vita delle coppie fino alla sottrazione del minore, che potrebbe subire danni in una delle fasi più importante della vita”.
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