«Non c’è sicurezza possibile senza libertà in Europa». Matteo Renzi – nell’intervento di chiusura del semestre europeo a guida italiana – ha voluto rimarcare un concetto che torna di stringente attualità - dall’11 settembre in poi – all’indomani di eclatanti attacchi del terrorismo islamista. Libertà e sicurezza costituiscono infatti valori, almeno in Occidente, inscindibili, anche se asimmetrici. Il ruolo dei sistemi di controllo risulta per questo essere determinante, per conciliare quell’esigenza di sicurezza – di per sé un bisogno umano – con il legittimo diritto di vedere tutelate le libertà individuali, che invece si sta trasformando in un lusso.
In proposito, l’associazione Amici di Quaderni Radicali nel dicembre 2002 promosse un Convegno (Esigenze di sicurezza e tutela delle libertà individuali), i cui atti vennero pubblicati nei numeri 83 e 84 della rivista. Fu l’occasione per fare il punto della situazione dopo l’attacco alle Torri Gemelle. Per molti aspetti, ciò che si diceva allora vale oggi, a distanza di 12 anni. Centrale resta il tema dei controlli e il ruolo che può avere l’intelligence.
In questi giorni gli apparati dei servizi segreti occidentali sono sotto il fuoco di fila delle critiche, dopo la strage di Charlie Hebdo. Servono maggiori capacità e più mezzi per l'azione di prevenzione, l'unica davvero efficiente quando ci si trova a fronteggiare una guerra cosiddetta asimmetrica. In una quadro del genere, risulta centrale il dato tecnologico che, se da un lato ha ampliato nel tempo i nostri spazi di libertà, dall’altro può essere utile ad aumentare la nostra sicurezza.
Tuttavia, l’uso della tecnologia per controllare e sorvegliare il nemico, più in generale, i metodi utilizzati per sventare attentati mal si conciliano con alcuni diritti fondamentali della persona. Inevitabile diventa, quindi, la discussione sull’ipotesi di una revisione del concetto stesso di libertà fin qui comunemente accettato e condiviso, a partire da quello strettamente legato al rispetto della riservatezza e della protezione dei dati personali.
In tal senso, gli strenui difensori dei diritti minacciati dal Grande Fratello non prenderanno bene i nuovi propositi del premier britannico David Cameron di bloccare tutti quei servizi che non garantiranno un accesso diretto all’Intelligence, ovviamente previo mandato. Nel mirino potrebbero finire le applicazioni di messaggistica più diffuse, a cominciare da Facebook e WhatsApp, che contano rispettivamente 500 e 700 milioni di utenti nel mondo, per proseguire con Skype, Google Hangouts, Telegram, Viber, Bbm e molti altri…
"Dobbiamo forse autorizzare mezzi di comunicazione che, molto semplicemente, non è possibile leggere?" si è chiesto Cameron. La sua risposta è stata "No, non dobbiamo lasciare questi servizi incontrollati", aggiungendo che "gli attacchi parigini hanno dimostrato le dimensioni del rischio che abbiamo di fronte e la necessità di poteri forti da assegnare all'intelligence e alle agenzie di sicurezza".
Cameron non sembra essere il solo a volere un controllo dei servizi di intelligence sul web. Come riferisce La Stampa, nel summit di Parigi dei ministri dell’Interno Ue e il ministro della Giustizia Usa, Eric Holder, svoltosi parallelamente alla grande manifestazione nelle capitale francese, si è discusso in proposito. «Siamo stati costretti a rilevare - ha detto il ministro dell’Interno francese Bernard Cazeneuve, al termine del summit - la necessità di una collaborazione maggiore delle società web per garantire che siano loro a riferire e a rimuovere contenuti illegali sui loro domini, soprattutto dichiarazioni apologetiche in difesa di terroristi o che incitano alla violenza e all’odio».
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