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20/05/24 ore

Brittany Maynard, il Vaticano reagisce alla “dignità” di una “morte opportuna”



“Io non voglio morire, ma sto morendo, e voglio farlo alle mie condizioni, con dignità”. Così disse Brittany Maynard e così ha fatto, suscitando le inevitabili reazioni, anche in Italia, sul tema dell’Eutanasia e del suicidio assistito, come del resto era nelle intenzioni. In quest'ottica non poteva farsi attendere più di tanto la risposta del Vaticano, che per bocca del presidente della pontificia accademia per la Vita, monsignor Carrasco de Paula ha espresso una ferma condanna del gesto messo in atto dalla giovane 29enne statunitense.

 

E’ «un’assurdità» - ha detto il porporato -, perché «la dignità è un’altra cosa che mettere fine alla propria vita». «Non giudichiamo le persone - ha aggiunto - ma il gesto in sé è da condannare», spiegando che «quello che è successo nella coscienza noi non lo sappiamo, ha spiegato Carrasco: noi scegliamo sempre cercando il bene, il guaio è quando sbagliamo». «La coscienza è come un santuario in cui non si può entrare. Ma riflettiamo - ha aggiunto - sul fatto che se un giorno si portasse a termine il progetto per cui tutti i malati si tolgono la vita, questi sarebbero abbandonati completamente: il pericolo è incombente perché la società non vuole pagare i costi della malattia e questa rischia di divenire la soluzione».

 

Sulle parole del monsignore si sono espressi i rappresentanti dell’Associazione Luca Coscioni, molta attiva sul fronte della libertà di scegliere una morte cosiddetta "dignitosa”. In un comunicato, Marco Cappato ha voluto registrare il “passo avanti rispetto al Vaticano di Ruini, ad esempio sul caso Welby. Ma anche la questione del 'gesto in sé' rimanda alla questione delle singole persone in carne ed ossa che affrontano condizioni di malattia e sofferenza”. “A tali persone – sottolinea il tesoriere della Associazione - una volta garantite tutte le azioni di assistenza e di supporto, di fronte a una loro reiterata volontà di interrompere la vita, non si può che dare una delle due risposte: la prima è quella di rispettare la loro scelta, la seconda è quella di imporre una scelta decisa da altri”.

 

“La parola dignità, evocata dal Presidente dell'accademia pontificia,- conclude Cappato - è un termine ambiguo, che noi preferiamo non usare perché sembra richiamare la possibilità di un giudizio oggettivo e superiore. Come associazione Luca Coscioni preferiamo parlare di libertà ed autodeterminazione, rimandando al giudizio del singolo sull'opportunità o meno del proprio morire: quella morte opportuna della quale parlavano il teologo Pohier e Welby. Non vi è certamente dignità -ed è anzi indegno dei Paesi civili- nel sequestrare alle persone la libertà e responsabilità di scelta".

 

 


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