Giuseppe Chigiotti e Stefano Bucci pronunciano il sì fatidico a New York, nel dicembre 2012. Sei mesi dopo la coppia, unita da oltre 20 anni, presenta al Comune di Grosseto un’istanza per procedere alla trascrizione degli atti delle nozze nel registro di stato civile.
La risposta dell’ufficiale è, ovviamente, negativa, dal momento che “la normativa italiana non consente che persone dello stesso sesso possano contrarre matrimonio”. I novelli sposi (perlomeno negli Usa), decidono perciò di ricorrere al tribunale di Grosseto, assistiti dall’avvocato Claudio Boccini.
Infine, l’8 aprile 2014, la sentenza: il tribunale del capoluogo toscano ordina all’ufficiale del Comune di trascrivere nei registri di stato civile il matrimonio contratto dai due oltreoceano. Nel codice civile, spiega infatti il giudice Paolo Cesare Ottati, “non è individuabile alcun riferimento al sesso in relazione alle condizioni necessarie al matrimonio” e, inoltre, “non è previsto, nel nostro ordinamento” alcun “impedimento derivante da disposizioni di legge alla trascrizione di un atto di matrimonio celebrato all’estero”; senza contare, continua Ottati, che la trascrizione non ha natura “costitutiva, ma soltanto certificativa e di pubblicità di un atto già valido di per sé”.
Una sentenza, quella del giudice toscano, dalla portata rivoluzionaria in quanto foriera di un primo riconoscimento in Italia di un matrimonio omosessuale: fino ad oggi, infatti, in casi simili erano stati riconosciuti esclusivamente singoli diritti, come quello al permesso di soggiorno.
“Siamo consapevoli della portata di questa decisione che ci consente di superare gli ostacoli e le difficoltà emersi fino a questo momento a causa della mancanza di norme chiare alle quali attenersi” ha dichiarato commentando la decisione dei giudici Emilio Bonifazi, sindaco di Grosseto, che ha poi fatto sapere che la sua amministrazione comunale - che a suo tempo ha scelto di non opporsi al ricorso presentato dalla coppia dopo il rifiuto dell’ufficiale - “si adeguerà da subito alle decisioni del tribunale senza alcuna opposizione”: “finalmente – ha aggiunto il primo cittadino grossetano - arrivano indicazioni chiare ed inequivocabili sulle modalità alle quali gli ufficiali di stato civile devono attenersi di fronte a richieste come quella formulata da Giuseppe e Stefano”.
Richieste che, probabilmente, da oggi saranno avanzate con nuova forza da tutte quelle coppie omosessuali a cui negli ultimi anni non è stato mai riconosciuto lo status di coppia sposata in uno Stato estero. “Ora – commenta un soddisfatto Franco Grillini, ex deputato Pd e presidente di Gaynet Italia – non ci sono più scuse perché anche altri sindaci decidano di trascrivere i matrimoni gay nei registri di stato civile dei propri comuni rivedendo magari decisioni contrarie già prese in passato. Va da sé – prosegue Grillini – che il sindaco di Grosseto ha perfettamente ragione quando sollecita il Parlamento a legiferare in materia e a darsi una mossa perché ormai la lentezza nell’esame delle norme è insopportabile”.
Mentre ad apparire insopportabile, per la presidenza della Conferenza Episcopale Italiana, è la decisione del tribunale e del Comune di Grosseto, perché rischia di travolgere “uno dei pilastri fondamentali dell’istituto matrimoniale, radicato nella nostra tradizione culturale, riconosciuto e garantito nel nostro ordinamento costituzionale”.
“Il matrimonio – scrive in una nota la Cei – è l’unione tra un uomo e una donna, che in forma pubblica si uniscono stabilmente, con un'apertura alla vita e all'educazione dei figli. Il tentativo di negare questa realtà per via giudiziaria rappresenta uno strappo, una pericolosa fuga in avanti di carattere fortemente ideologico”.
“In tal modo – conclude l’organismo guidato dal card. Angelo Bagnasco - si riducono gli spazi per un confronto aperto e leale tra le diverse visioni che abitano la nostra società plurale”.
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