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16/11/24 ore

Somalia a rischio, Medici Senza Frontiere lascia



In Somalia dal 1991, l’organizzazione medico umanitaria Medici Senza Frontiere (MSF) ha annunciato in questi giorni la chiusura di tutti i suoi programmi nel Paese, come risultato dei gravi attacchi al proprio personale in un contesto dove gruppi armati e autorità civili sempre più sostengono, tollerano, o assolvono l'uccisione, l’aggressione e il sequestro degli operatori umanitari.

 

In alcuni casi – denuncia in un comunicato MSF, gli stessi attori - soprattutto ma non esclusivamente nel centro sud della Somalia - con i quali l’ONG deve negoziare le garanzie minime per il rispetto della sua missione medico umanitaria, hanno svolto un ruolo negli abusi contro il personale di MSF, attraverso il coinvolgimento diretto o la tacita approvazione. Le loro azioni e la tolleranza di questi comportamenti, spiega MSF, escludono effettivamente centinaia di migliaia di civili somali dall’aiuto umanitario.

 

In 22 anni di lavoro in Somalia, MSF ha negoziato con gruppi armati e autorità di tutte le parti coinvolte. Gli eccezionali bisogni medici nel Paese hanno spinto l’organizzazione e il suo personale a tollerare un livello di rischio senza precedenti – la maggior parte a carico dei colleghi somali - e di accettare grossi compromessi ai propri principi operativi di indipendenza e imparzialità.

 

Gli incidenti più recenti includono la brutale uccisione di due operatori di MSF a Mogadiscio nel dicembre 2011, seguita dalla successiva liberazione anticipata dell’omicida condannato, e il violento rapimento di due membri del personale nei campi profughi di Dadaab in Kenya, concluso solo il mese scorso, dopo 21 mesi di prigionia nel centro sud della Somalia. Questi due episodi sono solo gli ultimi di una serie di abusi estremi.

 

Dal 1991, sono quattordici gli altri membri del personale di MSF uccisi, e l'organizzazione ha registrato decine di attacchi contro il personale, le ambulanze e le strutture mediche. “Scegliendo di uccidere, attaccare e rapire gli operatori umanitari, questi gruppi armati, e le autorità civili che tollerano le loro azioni, hanno segnato il destino di innumerevoli vite in Somalia”, dichiara Unni Karunakara, presidente internazionale di MSF. “Stiamo chiudendo i nostri progetti in Somalia perché la situazione nel Paese ha creato uno squilibrio insostenibile tra i rischi e i compromessi che il nostro personale deve prendere, e la nostra capacità di fornire assistenza alla popolazione somala”.

 

L'azione umanitaria richiede un livello minimo di riconoscimento del valore del lavoro medico umanitario, e quindi l'accettazione da parte di tutte le parti in conflitto e delle comunità dello svolgimento dell’attività sanitaria, nonché dei principi operativi di indipendenza e imparzialità. Inoltre, questi attori devono dimostrare la capacità e la volontà di negoziare delle garanzie minime di sicurezza per i pazienti e il personale.

 

Questa accettazione, sempre fragile nelle zone di conflitto, oggi non esiste più in Somalia. MSF interromperà quindi tutti i suoi progetti sanitari in Somalia, inclusi quelli nella capitale Mogadiscio e i sobborghi di Afgooye e Daynille, così come a Balad, Dinsor, Galkayo, Jilib, Jowhar, Kismayo, Marere e Burao.

 

Più di 1.500 persone fornivano una vasta gamma di servizi tra cui servizi sanitari di base gratuiti, trattamenti per la malnutrizione, salute materna, chirurgia, risposta alle epidemie, campagne di vaccinazione, fornitura d’acqua e generi di prima necessità.

 

Nel solo 2012, MSF ha effettuato più di 624.000 visite mediche, ricoverato 41.100 pazienti negli ospedali, curato 30.090 bambini malnutriti, vaccinato 58.620 persone e fatto nascere 7.300 bambini.

 

Medici Senza Frontiere, nata nel 1971, è la più grande organizzazione medico-umanitaria indipendente al mondo. Nel 1999 è stata insignita del Premio Nobel per la Pace. Opera in oltre 60 paesi portando assistenza alle vittime di guerre, catastrofi ed epidemie.

 

(fonte MSF)

 

 


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