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16/11/24 ore

Aborto vietato a Bari


  • Florence Ursino

“Un'immoralità predicata è più punibile di un'azione immorale” scriveva lo Zeno di Svevo esplorando l'isola selvaggia dentro di lui, quella sacra e infida terra che è la coscienza. Una terra in cui tutti i ginecologi e le ostetriche dell'ospedale San Paolo di Bari hanno deciso di rifugiarsi, rifiutandosi in blocco di praticare ulteriormente l'interruzione volontaria di gravidanza.

 

A più di 30 anni da quella bandierina piantata dalle donne sull'alta vetta del monte della libera scelta, la legge 194, che sancisce il diritto all'aborto, è a serio rischio a causa dello sproporzionato aumento di medici obiettori: a Bari gli ultimi sei professionisti dell'Asl hanno scelto di salvaguardare la propria morale, ubbidendo a una coscienza che di fatto obbligherà le donne che vorranno interrompre la gravidanza a recarsi negli ospedali pubblici di Putignano, Monopoli e Corato o a rivolgersi alle strutture private convenzionate.

 

Ultima roccaforte di un servizio divenuto di fatto impraticabile rimane il Policlinico della città, presidio ospedaliero che però non rientra nella Azienda sanitaria locale e in cui è estremamente scarsa la presenza di non obiettori.

 

“Pur rispettando la libertà di scelta dei ginecologi, delle ostetriche e degli infermieri del S. Paolo cui nessuno nega di poter decidere in piena coscienza se esercitare o meno la propria attività in un campo eticamente così delicato – denuncia quindi la Cgil Bari – riteniamo però che proprio in un momento di grande dolore e difficoltà, come quello in cui si trova di fronte alla gravissima decisione di interrompere una gravidanza e di rinunciare quindi ad una maternità, le donne di Bari non possano essere costrette a lunghe e faticose ricerche per individuare una struttura sanitaria pubblica che possa garantire loro l'assistenza medica e psicologica necessaria”.

 

Per tamponare momentaneamente la falla la direttrice dell'Asl, Silvana Melli, ha deciso di mandare al San Paolo un nuovo ginecologo non obiettore, non prima di aver richiesto alla direzione dell'ospedale in questione spiegazioni più dettagliate sulla condotta intrapresa dall'equipe del reparto di ginecologia 'incriminato' perché, spiega Melli, “in una grande Asl come quella di Bari, questa decisione rende più difficile l'applicazione della legge 194 e mette in difficoltà la difficile opera di riforma in atto nei consultori”.

 

Come riportato da 'Repubblica', secondo un ginecologo di uno di questi consultori, operante fino a pochi mesi fa al S. Paolo, quella fatta dai suoi colleghi “potrebbe essere una provocazione” scaturita dai “seri problemi di carattere logistico”, come quello di doversi recare fuori dall'orario di servizio al presidio di Triggiano per svolgere le Ivg: “Evidentemente – spiega il dottore – sono arrivati al limite, tanto non gliene frega a nessuno della 194”.

 

Ipotesi, quella della protesta, smentita da uno dei neo obiettori, il ginecologo Saverio Martella, che sottolinea invece il lato “etico e morale” di una scelta “maturata da molto tempo”. Ma da qualunque prospettiva si scelga di guardare la spinosa questione, il problema rimane sempre lo stesso: la libertà di uno finisce dove inizia quella di qualcun altro.

 

L'obiezione di coscienza non può e non deve rendere inapplicabile la 194. Trovare un equilibrio tra i diritti di tutti è la vera sfida etica: integrare una legge che non contempla misure concrete per garantire la ricerca di quell'equilibrio potrebbe essere, forse, un buon punto di partenza.


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