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15/11/24 ore

Maldive, la sharia non perdona chi subisce lo stupro



Prima stuprata, poi fustigata: l'uomo e la legge non conoscono pietà. Dopo aver subito per anni gli abusi sessuali del patrigno, una quindicenne è stata condannata in base alla legge islamica, la sharia, a 100 frustate e a otto mesi di arresti domiciliari.

 

La sua colpa? Aver fatto sesso prima del matrimonio e aver confessato agli investigatori di aver avuto una relazione con un altro uomo. Una sentenza assurda, quella emessa da un tribunale delle Maldive, che punisce due volte l'ennesima vittima della bestialità di una cultura ferocemente primitiva.

 

La ragazza, proveniente dall'isola di Feydhoo, sin da piccolissima è stata sottoposta alle violenze sessuali del marito della madre, di cui, infine, è rimasta incinta. L'uomo, in combutta con una moglie troppo timorosa per denunciare la vergogna, dopo aver ritirato la giovane dalla scuola ha deciso di uccidere il bambino da lei avuto e di seppellirlo in giardino. Ma la polizia ha scoperto tutto.

 

Arrestati i genitori, però, le manette sono scattate anche per la 15enne, rea di aver ammesso durante l'interrogatorio di aver avuto un rapporto sessuale con un altro ragazzo. Una giustizia cieca e sorda, quella dettata dalla sharia, che si abbatte sulle donne a suon di frusta e umiliazioni.

 

E incredulità e sgomento serpeggiano ora tra gli organismi internazionali di difesa dei diritti umani, in piena protesta dopo la condanna “non a una colpevole, ma a una vittima di molteplici abusi”, come ricordato dalla Missione delle Nazioni Unite nelle Maldive.

 

Anche il presidente delle isole, Mohammed Waheed, ha dichiarato di “essere rattristato per la fustigazione infilitta a una minorenne” e ha ordinato alla Procura della Repubblica di presentare appello contro la paradossale sentenza. (F.U.)


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