Un anno fa il Sud Sudan faceva il suo ingresso nel novero degli stati indipendenti; ma a ben vedere sono molte le questioni rimaste irrisolte e numerosi gli ostacoli di diversa natura che il giovane stato si trova a dover affrontare.
Solo una manciata di giorni fa Msf denunciava la drammatica situazione nei campi profughi del Sud Sudan e ora l’organizzazione lancia l’allarme mortalità che, secondo le stime, in uno dei campi rifugiati dell’Upper Nile State, avrebbe raggiunto il doppio della soglia dell’emergenza.
Dati alla mano, infatti, il tasso di mortalità tra i bambini nel campo di Jamam è di 2,8 morti al giorno ogni 10mila – e quello degli adulti 1,8 – laddove la soglia critica che definisce un’emergenza umanitaria è fissata a una morte ogni 10mila. Ogni giorno, denuncia l’organizzazione, muoiono di media 9 bambini – i soggetti più vulnerabili - il 65% dei quali per diarrea acuta; circostanza questa che non stupisce se si tiene conto delle condizioni di degrado estremo in cui sono costretti a vivere circa 10mila disperati.
Luoghi di per sé inospitali che diventano infernali quando, in seguito alle piogge, si allagano e si trasformano in vere e proprie paludi in cui le latrine straripano contaminando l’acqua stagnante. Inutile dire che l’acqua potabile è disponibile col contagocce. La stagione delle piogge moltiplica i problemi ed esaspera quelli esistenti: i terreni allagati rendono impossibili le comunicazioni e così i trasporti.
Per questo Medici Senza Frontiere chiede uno sforzo congiunto di “tutte le agenzie coinvolte, a partire dall’UNHCR” affinchè “si uniscano in uno sforzo comune per trovare una soluzione che possa evitare ai rifugiati i rischi sanitari associati alle condizioni di vita”.(F.M.)
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