Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

16/11/24 ore

Migranti braccianti, Amnesty: l'Italia ne incoraggia lo sfruttamento


  • Livio Rotondo

E' stato pubblicato oggi l'ultimo rapporto di Amnesty International sulla condizione dei braccianti-migranti 'utilizzati' nella raccolta dei prodotti agricoli in Italia, con maggiore attenzione alla provincia di Latina e Caserta. Nonostante l'evidente azzeramento dei diritti sanciti dalla Costituzione, è stato registrato un peggioramento, se possibile, delle condizioni imposte ai lavoratori stranieri: salari equivalenti alla metà, se non un terzo, di una retribuzione minima sindacale imposta per legge, eliminazione di qualunque forma di tutela sindacale, solo per citarne alcune.

 

Ne viene fuori uno Stato immobile, incapace per mancanza di volontà o capacità di trovare una soluzione politica al problema senza ledere i diritti di coloro che vengono in Italia per lavorare, pagando talvolta fino a 14.000 euro per un lavoro e un permesso di soggiorno fasullo.

 

Il rapporto racconta di nuovi decreti che ingolfano la già lenta macchina burocratica. Le quote d'ingresso, decise dal Governo, vengono stabilite secondo una ripartizione arbitraria ma non rispondono né alle esigenze degli imprenditori sul territorio, né al numero di domande provenienti dall'esterno (in particolare Africa sub-sahariana, Africa del nord, India): viene stabilito perciò che soltanto una volta l'anno i lavoratori stranieri possono far domanda; un giorno solo che determinerà la differenza tra regolare e irregolare con le dovute e prevedibili conseguenze.

 

Ad aggravare la situazione l'introduzione nel 2009 del "reato di ingresso e soggiorno illegale", che impedisce al lavoratore di essere regolarizzato una volta entrato nel territorio, costringendolo a subire le "lune" di datori di lavoro che possono abbassare il prezzo pattuito per una singola giornata di lavoro, se non rifiutarsi di pagarla in toto, "perchè tanto alla polizia non ci può andare".

 

E ancora turni massacranti di 12-14 ore al giorno, 6, talvolta 7, giorni la settimana, oltre l'umiliante e non facile condizione di dover elemosinare la mattina presto nelle rotonde delle strade, fermando la macchina che quel giorno fortunatamente permetterà all'immigrato irregolare di lavorare per mandare i soldi a casa. Sembra facile retorica ma non lo è.

 

E' una parte ingente della nostra economia sommersa che non è sommersa, anche se le ispezioni difficilmente trovano qualcosa di irregolare, quando avvengono. Così si guarda ai lavoratori cinesi sfruttati in casa loro, ma mai nel proprio giardino. Ne viene fuori un'Italia cinica e indifferente.

 

"Nell'ultimo decennio le autorità italiane hanno alimentato l'ansia dell'opinione pubblica, sostenendo che la sicurezza del Paese è minacciata da una incontrollabile immigrazione clandestina, giustificando in questo modo l'adozione di rigide misure che hanno posto i lavoratori migranti in una situazione legale precaria, rendendoli facile preda dello sfruttamento", spiega Francesca Pizzutelli, ricercatrice del Segretariato internazionale di Amnesty e autrice del rapporto.

 

"Il controllo dell'immigrazione può costituire un interesse legittimo di ogni stato - ha aggiunto Pizzutelli - ma non dev'essere portato avanti a danno dei diritti umani di coloro che si trovano sul territorio, lavoratori migranti inclusi".


Aggiungi commento