“...mi basta una finestra socchiusa, un tremore latteo sul pavimento, un filo di luce dalla porta e io so che è arrivata. E la mia vita povera come quella di tutti, all'improvviso si incendia di dolorosa meravigliosa passione... E il mio cuore batte forte perché lei è tornata. La Luna”.
E' Mademoiselle Lycanthrope a ululare la parola fine alla piece teatrale 'Le Beatrici' di Stefano Benni, in questi giorni di scena alla 'Sala Umberto' di Roma. Cinque voci per altrettanti monologhi, un'interpretazione corale a chiusura di sipario, movenze sensuali, buffe, disperate, frenetiche, lussuriose, impazienti: le donne dello scrittore (e regista teatrale) bolognese porgono all'occhio un caleidoscopio di femminilità tragicomica, una degustazione di cromosoma X in tutte le sue paradossali e bizzarre variazioni di sapore.
E' la “tanto gentile e tanto onesta” (pare) musa dantesca, interpretata da Gisella Szaniszlò, ad aprile lo spettacolo: la Beatrix, medievale fanciulla conscia della propria breve vita, stufa di essere 'angelicata', bramosa di meno 'divino' amore e più umane sensazioni, lascia poi che l'occhio di bue illumini Alice Redini, la Mocciosa, adolescente figlia della modernità, discepola della dea Tv, in trepidante attesa di raccontare davanti alle telecamere delle 86 coltellate con cui la sua migliore amica ha appena ucciso la madre.
L'ombra di un futuro degenerato viene quindi ingoiata da quella vampiresca della Presidentessa, Elisa Marinoni, manager industriale con una ricetta innovativa sul 'recupero' degli operai in esubero, invisibili ingredienti del benessere in lattina...Diabolica femmina, come il satanasso che attanaglia viscere e carne dell'esilarante Suora ventottenne, Valentina Virando, sacrificata dalla povertà familiare sull'altare di una castità coatta e delirante.
Una sedia, infine. Un sedia di legno, sul palcoscenico. La luce si abbassa, il silenzio è polveroso e l'Attesa ha gli occhi di Valentina Chico: lei è l'ombra che aspetta dietro la porta, accanto a una finestra, lei è la donna con l'orecchio teso a cogliere il trillo di un telefono, i passi sulle scale, il rientro, quel rientro, l'amante, la sposa, la madre, la sorella
. Femmine consumate, vibranti, infuocate, purificate, femmine-lupo che mescolano le loro voci per raccontare la metamorfosi mostruosa e infinitamente delicata di un corpo condannato e benedetto, mentre lassù cresce la palla d'oro e una voce sinuosa, nel buio, sussurra: “Volete passeggiare con me, signore, per le vie della Parigi notturna?”.