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24/11/24 ore

Titina la Magnifica al Trianon Viviani di Napoli. Intervista a Francesco Saponaro



di Claudia Pariotti

 

Sabato 7 maggio, Trianon Viviani di Napoli. L’appuntamento con la cultura napoletana continua. Nell’agorà teatrale di Marisa Laurito va in scena Titina La Magnifica, opera scritta a quattro mani da Domenico Ingenito e Francesco Saponaro, liberamente ispirata alla biografia “Titina De Filippo: vita di una donna di teatro” scritta dal figlio di Titina, Augusto Carloni.

 

Sul palco, Antonella Stefanucci interpreta una poliedrica Titina, spaziando dall’esuberanza infantile di figlia d’arte cresciuta sul palcoscenico alle difficoltà legate alle sfiancanti tournée col marito in giro per le province italiane; dagli scontri con i fratelli alla tenerezza degli ultimi giorni di vita. Ad accompagnarla in scena un altrettanto eclettico Edoardo Sorgente, nei panni di una vasta gamma di personaggi che hanno segnato la vita di Titina. 

 

Nell’opera tante riflessioni: sull’essere madre, artista, sorella di due personaggi eccelsi e perciò soffocanti, figlia non-figlia di un’altra enorme personalità del teatro napoletano (Edoardo Scarpetta) tutte legate fra loro in modo tale da comporre il variegato collage della vita di Titina. 

 

Del resto, anche lei si era dedicata proprio a quest’arte figurativa negli ultimi anni del suo percorso, perciò il collage è anche la chiave di lettura con cui guardare questo spettacolo, un taglia-incolla di scene che si alternano creando un efficace e coerente dinamismo.

 

La regia è firmata dallo stesso Saponaro, con cui ci siamo intrattenuti a fine spettacolo per una breve intervista. 

 


  

Domanda: È partita una fervida stagione che intende stimolare la riflessione del pubblico su un’era della nostra storia teatrale e drammaturgica segnata dalle personalità delle famiglie Scarpetta e De Filippo, operazione già avviata anche sul grande e piccolo schermo, come dimostrano le due pellicole candidate al David di Donatello (Qui rido io ed I Fratelli De Filippo).

Dal 23 maggio inizieranno gli incontri del ciclo di appuntamenti proposti dal progetto 2000 Eduardo. Incontri, conversazioni, suggestioni e informazioni per artisti del nuovo millennio.

 Il Trianon- Viviani partecipa a questo filone con una mini rassegna dal titolo “L’Eredità Scarpetta”, patrocinata dalla Fondazione Eduardo de Filippo, tra cui si inseriscono i tuoi Titina La Magnifica e La donna è mobile, quest’ultimo in programmazione nelle date del 13-14-15 maggio. Cosa ha significato per te contribuire a questa iniziativa?

 

 

Francesco Saponaro: Da anni mi occupo degli Scarpetta e De Filippo. Nel 2008, insieme al teatro Mercadante, abbiamo riaperto il teatro San Ferdinando con grande gioia e portando in scena il processo D’Annunzio Scarpetta, nel 2011 abbiamo portato Io, l’erede, di Edoardo de Filippo, al Centro Drammatico Nazionale di Madrid, sono membro della fondazione De Filippo ed insieme a tante personalità tra cui quella del Prof. Baffi, curatore del progetto Edoardo2000, sentiamo la naturale vocazione di dare rilievo e forza a questa grande eredità teatrale, in cui troviamo una costante fonte di arricchimento.

 

In un certo senso si potrebbe dire che mi trovo comodo ad affrontare questi argomenti, se non altro perchè li ho studiati a fondo e mi ci confronto da tanto tempo, eppure rappresentano sempre delle sfide impegnative, perché sono testi e personaggi ricchi di complessità e di sfumature. Nell’opera di stasera, Titina la Magnifica, ad esempio, ho avuto l’opportunità di mettere rilievo ed attenzione sulla figura femminile di Titina, che è stata purtroppo un po’ in ombra perché Titina era una donna, una donna in un mondo tutto declinato al maschile e dove si doveva confrontare con le elefantiache personalità del padre e dei fratelli Edoardo e Peppino. Invece, proprio con il fratellastro Vincenzo Scarpetta, con cui i tre De Filippo hanno avuto moltissimo a che fare e da cui hanno appresso buona parte dell’eredità Scarpetta, si può dire che Titina condivide un elemento di apparente marginalità, ovvero il fatto di essere stati messi un po’ più in secondo piano, nonostante l’immenso valore artistico di entrambi.

 

Mi piace infatti che sia proprio con queste due figure, il cui trait d’union è stato la necessità di crearsi una loro dimensione, e quindi con questi due spettacoli che sia riuscito a dare il mio contributo a questa iniziativa.

 

 

 

D. Proprio perché l’hai approfondita molto e ne hai dato un ricco ritratto, anzi un vivace collage composto da più elementi della figura di Titina, portando in scena quest’opera pensi che la necessità di un’indipendenza femminile, di uno spazio suo, di una “stanza tutta per sé” come hai definito anche in altre interviste questa ricerca della De Filippo, citando un’altra grande artista donna che è la Virginia Woolf, sia stata determinata da una sua, magari inconsapevole, natura femminista che l’ha spinta verso questo risultato oppure è stata la sua esuberanza artistica a portarla a soddisfare questa necessità? 

 

F.S. Penso che la forza di Titina sia quella di non essere stata un’artista dello scandalo ma un’artista di inclusione, che tenta sempre di conciliare la propria arte con la vita privata. Ha saputo includere il rapporto difficilissimo che ha vissuto a livello familiare, prima come figlia illegittima poi come moglie e come madre che doveva bilanciare una vita in teatro molto impegnativa (come dice nell’opera la stessa Titina “per dieci mesi il teatro è la mia casa, e per due posso finalmente ritrovarmi nella mia Napoli”).

 

È un equilibrio molto complicato che a quei tempi era ancora più difficile da trovare. Onestamente non penso che lei avesse la consapevolezza di essere una femminista ma sicuramente sentiva di essere una donna a tutto tondo che voleva affermare soprattutto la sua indipendenza da un sistema patriarcale e maschilista. E questa operazione la fa anche come artista quando prima imputa al fratello Eduardo di omettere personaggi femminili forti nelle sue opere e poi, dopo che questi scrive per lei in 12 giorni Filumena Marturano, rivendica a gran voce e scontrandosi con lo stesso Eduardo, il diritto di lasciarla libera di interpretare Filumena come lei se la sente nel cuore. Questa forza mi sembra sia proprio un segno di grande importanza, un modello anche per le nuove generazioni sia come donna che come artista. 

 

 

D. A proposito di nuove generazioni, secondo te queste opere e queste personalità così importanti per noi napoletani ma non solo, riescono a parlare anche ad un pubblico giovanissimo che vive in un mondo sempre più distante dall’epoca Scarpetta-De Filippo?

 

F.S. Assolutamente sì. Questo lo dimostra la notevole presenza di giovani in sala e soprattutto il grande numero di giovani artisti, interpreti e registi che si misurano con il teatro di quell’epoca e che hanno bisogno di restituire la loro visione di questi autori ormai classici ed assoluti che ci hanno lasciato queste due grandi famiglie. Dobbiamo essere in grado noi di continuare a comunicarlo, di farlo conoscere e di non smettere di testimoniare questo prezioso bagaglio culturale che ci è stato lasciato. Mi auguro che ci siano sempre più iniziative che diano la possibilità ai giovani di conoscere e riconoscere questo grande patrimonio.

 

Mi piace ripetere sempre una frase di Eduardo De Filippo “La tradizione è la vita che continua”. La tradizione è il trampolino per andare da qualche parte, se non abbiamo una tradizione, non andiamo da nessuna parte. Questo testamento artistico è il nostro lascito, è qualcosa che dobbiamo passare concretamente anche a chi viene dopo di noi. 

 

 

 

D. Venerdì 13 maggio siete di nuovo sul palco del Trianon con La Donna è mobile di Vincenzo Scarpetta. Stavolta ci sarà una squadra molto più numerosa.

 

F.S. Sì, la Donna è mobile è un vero lavoro di teatro musicale. Siamo riusciti a costruire una compagnia di 16 artisti, tra musicisti, cantanti e attori, con la direzione musicale di Mariano Bellopede, con cui ho già lavorato dai tempi di Io, l’erede. Sarà uno spettacolo molto vivace, in grado però di mettere in luce la complessità di cui anche Vincenzo Scarpetta era capace.

 

Per l’altro, sono stato molto contento di vedere tra il pubblico di stasera l’amico e attore Eduardo Scarpetta, con cui in passato abbiamo lavorato anche con i due attori protagonisti di Titina la Magnifica e che al cinema ha interpretato proprio il giovane Vincenzo Scarpetta, suo nonno. C’è qualcosa di magico nel modo in cui si mantiene viva questa tradizione.

 

 


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