di Adriana Dragoni
Un ringraziamento spontaneo a quanti hanno deciso il ritorno alle attività normali, (=quelle anticovit), che appaiono, ora, come straordinarie, ma inderogabili, esigenze della nostra vita. Così un ringraziamento va all'architetto Paola Pozzi, che ha deciso di riaprire Frame, la galleria napoletana, al corso Vittorio Emanuele 525, ospitando la mostra Fluxus, e poi, subito dopo, dal 10 giugno, ospitandone una seconda, quella delle pregevoli opere di Raffaele Boemio.
E offre, quale risarcimento a chi finora mancasse della conoscenza di questo artista, alcuni brevi scritti che riportano informazioni e commenti sulla sua pregressa attività. Tra gli autori di questi scritti, c'è, in primis, il curatore della mostra Mimmo Natale, che ci offre i dati fondamentali di questo artista.
Boemio, professore di storia dell'arte al liceo, dalla metà degli anni Settanta, ha sempre operato nell'attività artistica. All'inizio, si serviva di materiali di risulta, oggetti di scarto, di legno, specchi, ossa, pezzi metallici, radici di piante, usando diversi mezzi e tecniche comunicative: dal collage al décollage, dal disegno alla pittura.
Numerose sono state le sue mostre, in Italia e all'estero, mentre la sua arte si evolveva, interessandosi dapprima al sociale e poi all'introspezione psicologica, in parte autobiografica, ma profondamente umana e quindi valida per tanti. Interessanti sono state anche le osservazioni di Annibale Rainone, Michelangelo Giovinale, Eduardo Alamaro e Prisco De Vivo.
Non è a sproposito che la mostra si intitoli Tempo di Arché, parola bellissima e sacra, che significa il Principio primigenio, e qui indica l'essenza della natura e della vita stessa. Un Principio che potrebbe essere la nostra guida benefica, come indica il verbo archeomai (=guido), sostituito, nella pratica politica, dal verbo crateo (=comando), un verbo molto meno dolce.
I dipinti in mostra da Frame non sono figurativi ma rappresentano forme e colori che esprimono una storia spirituale, frutto di una sensibilità esperta che si è via via raffinata. Sono immagini che sembrano rifarsi, - come ha scritto qualcuno dei suoi estimatori - a credenze e riti antichi ormai sconosciuti e che pure agiscono dentro di noi senza che ne abbiamo contezza.
È una spiritualità raffinata, che rifugge dal contesto chiassoso e arrogante della comunicazione, anche quella artistica, contemporanea, che Boemio esprime in queste sue opere.
L’incontro da Frame e parliamo della difficoltà di esprimersi. È difficile rappresentare esattamente l'arte visiva con le parole: quello letterario e il visivo sono linguaggi diversi; tanto più quando l'arte visiva non si fonda sul figurativo ma su un'energia invisibile che pure c'è nel mondo, in noi e nella natura, negli alberi, come nelle loro radici, nei rami, nelle loro foglie.
Quello che viene rappresentato da Boemio è - come ha scritto Mimmo Natale - “una natura senza naturalismo”. Perché della natura esprime, in una visione panteistica, la forza vitale, senza rappresentarne gli elementi costitutivi, come foglie alberi e così via...
Ho riferito queste osservazioni perché, guardando con attenzione, ovvero un po' più a lungo del solito, questi dipinti, si avverte questa sorta di spiritualità di una magia antica. Il loro schema, ed è sacrilego, forse, semplificare in questo modo l'arte di Boemio, è a volte formato, nella parte inferiore, da una fila orizzontale irregolare di elementi che definirei “spugnosi”, sennonché lo stesso Boemio mi ha corretto: “non sono spugnosi” mi ha detto.
Forse è meglio dire che sono dei batuffoli di microrganismi pulsanti, come microscopici esseri viventi. Da questi partono dei filamenti verso un più grande elemento superiore che li assorbe: in questi dipinti c'è un movimento vitale dal basso verso l'alto e viceversa.
Devo sinceramente dire che, guardando non superficialmente questi dipinti si è presi da una sorta di magia, creata da una nuova raffinata armonia delle loro tinte delicate, che tendono verso il monocromo. E qui mi fermo, avendo, in effetti, dimostrato la mia incapacità di tradurre in parole esattamente il fascino dell'arte pittorica di un artista come Boemio.
Ma non posso fare a meno di citare una sorta di scultura che si trova al centro della sala d'ingresso della galleria. Si tratta di una sagoma, che possiamo considerare umana: possiamo immaginarne i piedi, perché alla base ci sono due scarpe maschili, mentre in alto, vicino al volto, che non c'è, due mani sembrano afferrare qualcosa.
Questa sagoma sembra rappresentare un uomo che svolge le attività umane fondamentali: camminare e lavorare. In un eterno movimento senza tempo.
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