di Giulia Anzani
Dal 27 maggio al 3 giugno presso Cappella Orsini, sono esposte le opere di Andrea Modesti, artista romano classe 1999.
Ed è proprio lì, a Cappella Orsini, a due passi da Campo de’ Fiori, che arrivo in un pomeriggio soleggiato a due giorni dall’inizio di giugno. L’arrivo dell’estate romana ha ormai preso il sopravvento, l’aria è frizzante e ribolle allegria e creatività, come una birra da bere in fretta prima che si riscaldi.
Entro in questo piccolo ma vivace posto, molto suggestivo, e noto subito diversi dipinti appesi alle pareti. Un po’ spaesata e molto curiosa, mi guardo intorno finché non mi viene indicato l’artista, Andrea Modesti. Dopo le presentazioni, andiamo al piano di sopra dove, circondati da altre sue opere esposte, iniziamo una conversazione.
Innanzi tutto, è importante capire l’entità del progetto. Anime Prive è una mostra giovane organizzata da gente altrettanto giovane. “Io e Daniele Masini, il mio manager, abbiamo organizzato il progetto un anno fa seduti al bar: il tempo di un caffè e abbiamo deciso tutto. In quest’ultimo mese ci siamo concentrati particolarmente per l’evento di apertura e di chiusura dell’esposizione. Daniele è un giovane imprenditore che ha investito molto in questo progetto e la sera dell’inaugurazione, grazie a lui, erano presenti molti Tiktoker, YouTuber e cantanti”, mi racconta raggiante.
“Oltre a lui, nel team ci sono Alessio Berini ed Erika Nardini. Loro sono organizzatori di eventi che ho conosciuto per casualità. La cosa fondamentale è che, da subito, ci siamo capiti e abbiamo creduto nello stesso obiettivo. Siamo tutti molto giovani e abbiamo intrapreso un percorso di fiducia partendo da zero, solo credendo ognuno nel lavoro dell’altro. Sono molto grato per la loro dedizione e per l’aria di familiarità che si è creata tra noi, e ovviamente sono soddisfatto di come sta andando la mostra. Tutti noi abbiamo messo il cuore in questo… abbiamo fatto notti in bianco perché tutto fosse perfetto. Un esempio sono le cornici: sono pezzi del tronco di una quercia che circondano la tela. Non è stato facile trovarli della giusta misura e che non fossero troppo curve. Sono piccole cose che ci hanno fatto dormire un paio d’ore al giorno per tre settimane”.
A questo punto, è arrivato il momento di parlare direttamente di sé. Voglio sapere qualcosa di più sulla sua arte, conoscere l’artista dietro i quadri che ho visto appesi. “Parlare della mia arte… in realtà non saprei da dove iniziare!”E allora, com’è ovvio, inizia dal principio. Da dove tutto nasce.
“Ho cominciato ad esprimermi disegnando intorno ai 13 anni. Un mio amico ha avuto la leucemia e questo ha fatto scattare in me la voglia di raccontarmi. Andavo da uno psicologo che mi ha suggerito di provare a disegnare. Lì, ho capito che la pittura rappresenta per me una terapia. Ho iniziato a dipingere e chiudermi in quest’atmosfera personale”.
Prosegue raccontandomi gli sviluppi che la sua esperienza artistica ha avuto nel corso degli anni: “Con il tempo, la mia ricerca artistica è diventata quasi un’ossessione. Questa cosa ovviamente ha un lato negativo: talvolta non riesco ad andare a dormire se sono insoddisfatto del più piccolo particolare del lavoro che sto facendo. Ma ha anche un lato positivo: quando dipingo mi chiudo nella mia bolla. Faccio continue ricerche artistiche. Penso che ogni dipinto non sia solo un quadro, ma uno studio personale per il successivo”.
Un suo vezzo, una particolarità che trovo molto interessante osservando i dipinti, è quella di sporcare il quadro. “Se ho la possibilità di sporcarlo lo faccio. Col sangue così come con la sabbia. Se riesco, lo affogo nell’acqua di mare. Amo sporcare le mie opere con qualunque cosa sia naturale”, mi dice. “Quello che la mia giovane esperienza mi ha insegnato è a credere nell’energia della natura. Sono grato all’universo per questo. I miei dipinti sono il mio modo per ringraziarlo”.
Molto colpita da questa motivazione di una precisa scelta stilistica, gli chiedo, tra i grandi nomi, a chi faccia riferimento nella sua intensa ricerca. “Nella psicologia dei quadri, il mio primo maestro è stato Modigliani, sopratutto per quanto riguarda la ritrattistica degli occhi, dell’animo”, dice riferendosi agli occhi vuoti delle donne dell’immenso Modì. “Ma anche artisti come Klimt e Munch. Per quanto riguarda qualcuno di attuale, mi ispiro nel segno del contemporaneo Giuliano Macca. È questo il tipo di percorso artistico che seguo”.
Consapevole della difficoltà della domanda - dato che è difficile, tra tanti figli, essere costretti a sceglierne uno - gli chiedo se ci sia, tra i quadri che ha dipinto, uno più riuscito, che sia magari anche il suo preferito. Mi risponde che “in realtà sono spesso insoddisfatto da ciò che faccio. Imparo molto dal quadro passato per studiare il futuro. Quello che mi ha più soddisfatto credo sia Dafne. Però generalmente cerco di dare sempre di più nel quadro successivo”.
Mi spiega, poi, che il suo intento e il filo conduttore della sua arte è dare voce a chi non ne ha. “I soggetti, come dice il titolo della mostra, sono Anime Prive: anime che sono state o sono ancora dimenticate dalla società. È la mia critica sociale. Sarah” mi indica un quadro alle mie spalle, “è una bambina veramente esistita e tanti anni fa è morta… beh, per ingiustizia. Una donna schiavizzata e strumentalizzata, un’altra ingiustizia, è rappresentata nel quadro chiamato Afrika. Trasfiguro su tela quello che non mi va giù di questo mondo, come se fossero dei manifesti”.
D’altronde, è questo che un artista fa: dà un’interpretazione personale di ciò che lo circonda, e in questo modo si esprime urlando o sussurrando, ma sempre, in qualche modo, denunciando.
“Dico sempre che il giorno in cui vedrò un mondo giusto e onesto, smetterò di dipingere”. Penso mai, rispondo con una certa amarezza. E non può che concordare con una risata altrettanto amara.
Con i miei complimenti, lascio il giovane team alla loro riuscitissima mostra ed esco di nuovo nel caldo di questo assolato pomeriggio che è stato molto più coinvolgente di quanto sperassi.
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