di Adriana Dragoni
Tié! Sylvain Bellenger, il direttore del Museo e del Real Bosco di Capodimonte, sbatte Napoli in faccia al mondo intero. Pure a quelli che la mortificano ... Tiè! E Bellenger fa rivivere, nel prossimo autunno, fino alla primavera del 2020, nella sua regale magnificenza, la Napoli che, per più di un secolo (1734 / 1860), fu la bella libera città Capitale del Regno del Sud Italia. “Vengo a Napoli come un missionario” aveva detto in un'intervista (gennaio 2016). La sua missione? Dare a una Napoli denigrata con Capodimonte marginalizzata, il suo dovuto posto nel mondo.
“Napoli è stata una grande Capitale, questo lo si vede e lo si sente ancora; ma bisogna farlo capire” ha ripetuto più volte Bellenger. Che ora crea, nel museo di Capodimonte, uno straordinario evento, di cui è il curatore: “Napoli, Napoli di lava, porcellana e musica”, promossa dal Museo e Real Bosco di Capodimonte, in collaborazione con il Teatro San Carlo di Napoli, con la produzione e organizzazione della casa editrice Electa.
Nelle diciotto magnifiche sale dell'appartamento reale della Reggia-Museo di Capodimonte, - dice il comunicato stampa - vi saranno 1000 oggetti preziosi, di cui 600 porcellane, 100 costumi che provengono dal teatro San Carlo e hanno la firma di costumisti famosi, animali tassidermizzati, antichi strumenti, raffinati arredi e tanto d'altro.
È una mostra stratosferica, che non necessita di oggetti artistici, che pure vi sono, perché essa stessa è un'opera d'arte, giacché realizza, con i suoi mezzi figurativi e la musica della grande tradizione napoletana (Pergolesi, Cimarosa, Pacini, Paisiello, Leo, Iommelli), l'idea (eidos= immagine) che ha di Napoli il curatore. Che ci racconta, a mo' di favola, una storia vera, la storia di una grande bellezza.
Allestimento sala 32 - La Parrucca - Real Fabbrica della Porcellana di Capodimonte - Specchiera, 1750-1755 circa - Porcellana dipinta e dorata (Foto di Luciano Romano)
Dicono che Bellenger sia appassionatamente innamorato della città. È una passione un po' folle ma non è un innamoramento recente. Lo testimonia Riccardo Muti che, a Chicago, volle conoscere il funzionario, che, in quel museo, aveva voluto un enorme presepio napoletano. E fu allora che il maestro Muti e il funzionario Bellenger divennero amici.
Il napoletanissimo ingegnere IBM, poi scrittore e regista scomparso di recente, Luciano De Crescenzo, ha scritto: “Napoli, quella che dico io, non esiste come città ma esiste sicuramente come concetto, come aggettivo. E allora penso che Napoli è la città più napoli che conosco e che dovunque sono andato nel mondo ho visto che c'era bisogno di un po' di napoli”.
Allestimento sala 34 - Il gioco - Martin Guillaume Biennais - Tavolo da gioco, 1802 - Legno di mogano, bronzo dorato - Real Opificio delle pietre dure di Napoli (1737-1861), E. Bianchi, A. Solari - Tavolo con scacchiera, 1811- 1835 - Legno pietrificato, lapislazzuli, bianco e giallo di Volterra, rosso di Cipro, alabastro orientale - Domenico Vannotti - Tavolo da gioco, 1796 circa - impiallacciato e intarsiato di legni esotici (Foto di Luciano Romano)
Che è un concetto, si, forse una favola, ma non è un'opinione melensa frutto di un relativismo becero, perché ha la sua testimonianza concreta (non nei libri di quella storia che, come si sa, è scritta dai vincitori) nei fatti e nelle cose. E a settembre la Napoli Capitale ci verrà mostrata nella sua concretezza nella Reggia-Museo di Capodimonte, un edificio anch'esso testimone partecipe di quell'epoca.
Ma perché questa città è considerata diversa dalle altre? Perché i turisti ancora oggi dicono che anche il popolo qui è diverso? Un libro dal titolo”Lo spazio a 4 dimensioni nell'arte napoletana. La scoperta di una prospettiva spazio-tempo”, scritto negli anni Ottanta del secolo scorso, presentato all'Electa Napoli nei primi mesi del 1989, ma pubblicato dalla Tullio Pironti Editore soltanto nel 2014, che ha avuto undici entusiasti convegni, a cui hanno partecipato eminenti professori universitari ma non ha avuto neanche un rigo sulla carta stampata, ne svela il segreto, che in poche righe qui tentiamo di rivelare.
Allestimento sala 32 - La Parrucca - Manifattura Poulard Prad - Quattro vasi ad anfora con menadi danzanti - Porcellana dipinta e dorata - Luigi Righetti, ignoto mosaicista romano - Tripode, 1815 ca. Bronzo, bronzo dorato e patinato, mosaico di marmi e lapislazzuli (Foto di Luciano Romano)
Il testo fa una puntuale analisi della storia della città, considerandola nell'ambito europeo. E ricorda che Napoli è la città che ha la più antica ininterrotta continuità storica del mondo occidentale. Lo dimostrano anche i recenti studi del professore architetto Italo Ferraro sulla stratigrafia urbana, riuniti in ponderosi tomi. Mentre la persistenza qui del popolo napoletano, con il suo attaccamento alla propria terra (il fenomeno della sua emigrazione iniziò soltanto dopo il 1860) e la sua tendenza ad affollare il centro storico, risulta anche da recenti indagini sociologiche, come quella sui “bassi” napoletani e quella svolta brillantemente dal sociologo Marcello Anselmo, sul fondaco del Cavone.
Napoli, afferma il testo, conserva, nelle sue pietre e nei suoi abitanti, il ricordo delle sue origini marinare. Un'origine che a noi mortali appare lontana nel tempo ma è ancora presente per la Storia, quella che vive nei millenni. Persistono, quindi, a Napoli, le antiche doti di un'antica civiltà marinara, il senso dell'ospitalità, della tolleranza, di un'affettuosa umanità non ancora inficiata dal freddo razionalismo, a cui contrappone una logica diversa, basata sulla consapevolezza profonda della precarietà della vita e su un'apertura mentale derivata dalla visione del libero spazio marino.
Allestimento sala 32 - La Parrucca - Manifattura imperiale di Vienna- Servizio da toletta con profili e silhouettes, pansé e nontiscordardimé, 1799-1801 - Porcellana dipinta e dorata - Elisabeth Vigée-Lebrun - Ritratto della principessa Maria Cristina di Borbone, poi regina di Sardegna 1790 ca - Olio su tela - Artigiani reali (Nicola e Pietro Fiore e Antonio Pittarelli?), Napoli 1796-99 Divani e poltrone con schienale decorato da pannelli ovali raffiguranti menadi danzanti - Legno intagliato dipinto in bianco e oro, raso - Peter Dollond - Telescopio equatoriale - ante 1787 - focale: 165.0 cm – obiettivo: 10.5 cm . Ottone, vetro, legno mogano (Foto di Luciano Romano)
Una visione che, come un fil rouge, percorre fino a oggi (o fino a ieri?) tutta la storia napoletana e ne contagia la musica, i riti, la religione, l'arte e la filosofia, dal pitagorico Parmenide a Telesio, Bruno, Campanella, Vico. Una prospettiva del mondo che, nata nella Magna Grecia, contraddice la visione astratta ristretta nei binari di una intollerante e arrogante razionalità dell'attuale civiltà occidentale. Alla quale Napoli contrappone una logica duttile, che si adatta alle circostanze, suggerita da quell'ampia visione dello spazio marino, che è sempre in movimento, la quale fece dire ad Albert Einstein “le origini del nostro pensiero sono nella Magna Grecia”.
È una visione prospettica che, nell'illuminato Settecento, si esprime configurandosi nella chiarezza logica di una geniale costruzione matematica nell'arte figurativa napoletana. Che ha un'ironica libertà nelle scene di genere di Gaspare Traversi e l'appagata gioia esistenziale nelle calme ampie curve delle vedute di Gabriele Ricciardelli.
Allestimento sala 43 - Il Vesuvio - Real Fabbrica della Porcellana di Napoli e manifattura Poulard Prad - Il carro dell’Aurora, 1810 ca. – biscuit (Foto di Luciano Romano)
Una prospettiva spazio-temporale che esprime nell'infinito concluso di una meravigliosa stella frattalica, (da cui si potrebbe ricavare un'applicazione informatica) una particolare, corale visione del mondo, che costituisce di Napoli la diversità.
Allestimento sala 45 - La natura - Manifattura di Sèvres - Servizio da tavola decorato sul bordo bianco con ghirlanda di vite intervallata da tre coppe e tre lire; al centro, su fondo giallo, un tirso con edera, 1793-1803 - (parte del servizio da tavola composto da 112 pezzi) - Porcellana dipinta e dorata - Manifattura Reale di Berlino - Coppia di vasi con paesaggi, ante 1824 - Porcellana dipinta e dorata
(Foto di Luciano Romano)
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