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19/11/24 ore

Vogliamo tutto, di Nanni Balestrini al Visionarea Art Space


  • Giovanni Lauricella

Con la collaborazione della Galleria Emilio Mazzoli di Modena, curata da Luigi De AmbrogiVogliamo tutto, mostra personale di pittura di Nanni Balestrini, al Visionarea Art Spacenel secondo piano dell’Auditorium Conciliazionesostenuta della Fondazione Cultura e Arte, ente strumentale della Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale, presieduta dal Prof. Avv. Emmanuele F.M.Emanuele.

 

Nanni Balestrini, da poco scomparso, fu uno dei fondatori del Gruppo ’63, la fucina culturale che ha dominato tutta o quasi la scena nazionale sino a oggi. Gruppo che agiva come una setta, nel senso che metteva fuori gioco chi non ne faceva parte. Anche le varie riviste da lui fondate avevano lo stesso scopo, quello di premiare quelli della cerchia a dispetto dei compagni di strada, una discriminante che ha pesato molto nella cultura nostrana.

 

Divenne famoso nel ‘71 con “Vogliamo tutto”, un piccolo racconto di lotta politica dal titolo talmente fortunato che divenne lo slogan, la scritta sui muri, sugli striscioni e sui cartelli nei cortei degli anni ’70, compresa giustamente la mostra di cui stiamo parlando, costituita da undici lavori realizzati tra il 1965 e il 2004, selezionati dall’artista quando ancora era in vita.

 

Il libro “Vogliamo Tutto” è la storia di un operaio meridionale talmente sfigato che non riuscirà a integrarsi, la cui disperazione e frustrazione stanno nell’assolutezza della richiesta: tutto. Perennemente “incazzato”, si diceva così, contro governo e padroni al punto di trovare nella lotta politica l’unica via di appagamento, nello scenario prescelto per il finale scoppiettante, che è quella fabbrica di automobili Mirafiori della FIAT, che in seguito sarà smantellata e diventerà, ironia della sorte, bacino di voti di Berlusconi.

 


 

Che Balestrini, a differenza degli operai, di conquiste con la lotta di classe le abbia fatte, non ci sono dubbi, giacché losi può ammirare nella prestigiosa galleria Visionarea Art Space   in una mostra fatta di lettere cubitali e scritte. Quadri minimalisti, se si pensa che sono parole assemblate a collage, ovvero concettuali, considerandone il significato. Non sono una novità nel campo artistico se si pensa alle scritte futuriste o costruttiviste.  Prampolini fu forse il più famoso esecutore di lettere di vario formato e colore su manifesti.  Per modernità di design la Campari deve ancora a lui il successo, come anche nelle frasi pubblicitarie.

 

Nanni Balestrini ha preso vecchi titoli di giornali e li ha ricomposti “detournandoli” insieme come a formare un nuovo messaggio, ispirandosi al linguaggio situazionista di Debord, facendo insomma di questo contenuto estetico la cifra della sua valenza artistica, e riuscendo anche ad arredare  superfici come pareti o colonne.

 

 


Non poteva mancare l’assist di uno tra i critici più schierati che abbiamo a presentare la mostra, Andrea Coltellessa, che rievoca i bei momenti andati come se il ’68 e dintorni fosse stato un “pranzo di gala”(quando tutti sappiamo che non è stato proprio così). In quelle parole stampigliate che formano i quadri di Nanni Balestrini ci sono evocate una serie di danni incalcolabili, distruzioni in fabbriche, università e scuole, caserme e commissariati saltati in aria, sedi politiche incendiate, migliaia di feriti, migliaia di  persone denunciate e in galera, morti, processi penali strazianti, famigli sconvolte e tante vite rovinate,  suicidi, rifugiati che non possono più ritornare in Italia, carriere interrotte e molte mai iniziate ecc. Lo dico non per togliere valore alle opere esposte, ma perché sono argomenti che bisognava trattare nella presentazione della mostra, che è pregna di questa drammaticità.

 

Nanni Balestrini fino a prova contraria si è sempre distinto come militante rivoluzionario, come persona politicamente impegnata per rivendicare la violenza proletaria. Potere Operaio e le sue diramazioni armate usavano il suo linguaggio, quello di uccidere, di fare stragi: non vedo motivo perché nelle considerazioni sulla mostra venisse meno questo connotato.  S’immedesimava come esempi da seguire nel sacrificio delle azioni suicide dei Viet Cong, dell’OLP, dell’IRA ecc. 

 

 

 

A dispetto di un viso cordiale e gentile, faceva parte dei compagni più intransigenti, per cui tutto quello che era sovrastrutturale era superfluo, era accettato solo quello che aveva un forte connotato politico e sociale. Prima la lotta di classe e poi, se era il caso, anche altro, ma solo se rivoluzionario. Infatti, Nanni Balestrini lo ricordiamo più per le battaglie politiche che lo vedevano sempre in prima fila che per quel mondo culturale al quale era legato.

 

Laddove si acuiva lo scontro politico, lui era presente, non ultime le liste di appelli di cui fu quasi sempre l’ispiratore e il primo firmatario. Viene in mente quella sull’innocenza di Cesare Battisti, costata cara a chi ha aderito perché il fuggiasco al suo ritorno ha ammesso tutti i suoi omicidi.

 


 

Ma che volete, piace più ricordarlo come il fondatore del Gruppo ’63o come autore del “Romanzo sperimentale”, vale a dire come fomentatore di quegli scrittori che scardinarono le concezioni narrative e poetiche, dalle partecipazioni immancabilmente impegnate, come la biennale di Venezia nel ’93 e quella precedente con Fluxus o a quella di Documentadel 2012, solo per dirne alcune. 

 

Vogliamo tutto, di Nanni Balestrini

Visionarea Art Space - Auditorium della Conciliazione

 via della Conciliazione 4, Roma

Dal 29 Maggio 2019 al 2 Settembre 2019

 

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