Vivere la propria città ed esserne partecipe con le proprie testimonianze è forse quello che Gianfranco Giacomelli vuole realizzare con le foto scattate in giro per Roma, visibili nella mostra alla Galleria Preferiti organizzata da Preferiti & Chapau Art, presentata da Massimo Rossi e Carla Mazzoni.
Come per tante cose che non nascono a caso, Gianfranco Giacomelli ha avuto nel nonno, il fotografo Eugenio Flumeri, lo stimolo a cimentarsi in questa arte. Eugenio Flumeri ha partecipato e vinto diversi premi fotografici negli anni ‘50-‘70 e le sue foto sono state esposte nei saloni internazionali di fotografia a Buenos Aires, Bordeaux, Londra, Chicago, Tokyo, Bombay e il Cairo.
Molto pertinente è l’allestimento dato alla mostra con segnali stradali che indicano divieto d’accesso, di pericolo di lavori in corso, e qua e là troviamo tra le reti arancioni dei cantieri anche i caratteristici sampietrini: un’ottima installazione che spiega al meglio il periodo di tormento che subisce la città, e di conseguenza i suoi cittadini.
Quello che stupisce delle foto, tutte in bianco e nero, è che, eccetto qualche monumento, non sono aspetti straordinari della città ma consueti scenari che abbiamo intorno e a cui, solitamente, non facciamo tanto caso. L’intelligenza di Gianfranco Giacomelli sta proprio in questo: riuscire a valorizzare visioni che altro non sono che lo scenario urbano che sempre distrattamente vediamo.
Sono visioni di architetture colte in maniera originale o frammenti di essa, “Dialoghi con le cose” come giustamente dice il titolo di una poesia che si legge nella brochure scritta da Michele Signorile, e non mancano foto con soggetti umani o animali. Nell’insieme Gianfranco Giacomelli sviluppa tutto l’arco rappresentativo dei generi fotografici, al contrario di molti fotografi che presentano selezioni di foto di un genere soltanto: è Roma nella sua molteplice complessità a interessarlo.
Avere qualcosa da dire su un soggetto sfruttato come Roma è quanto meno augurabile visto il continuo saccheggio a cui è sottoposta da secoli da migliaia di artisti di ogni genere e di ogni disciplina.Dice Giacomelli: “… la mia fotografia è istintiva, non preparata , non giro con cavalletti o serie di obiettivi, la normale dotazione è una Canon 5d con obiettivo 28-135mm.”; infatti, ha uno spontaneo candore talmente puro che elementi poveri risultano all’occhio interessanti.
Così ti trovi a osservare SPQR sopra i cartelli pubblicitari, la fontanella su uno slargo, le panchine lungo la strada, la ringhiera di un edificio, le pecore che brucano mansuete nella campagna romana, scorci urbani trasformati dall’attimo dello scatto tanto da sembrare luoghi incantati. Come ho già detto, sono i soggetti umili a prendere la scena, quasi ad esortare a una visione democratica della città che ha, sì, tanti siti artistici e spettacolari, ma ha anche soggetti poco considerati che possono conquistare dignitosamente il primo piano.
Sono foto intimiste, filtrate dalla poesia, proprio perché Giancarlo Giacomelli è un poeta e non da poco tempo: la sua è una vocazione che dura dai banchi di scuola delle elementari, quando il professore poeta dialettale Michele Signorile, suo mentore, lo stimolava a scrivere e gli suggeriva il titolo di uno dei suoi primi scritti: “L’arcana cronologia dell’io”.
Ripeto, sono foto poetiche, “versi romaneschi”, che ci accompagnano nel nostro quotidiano andare per la città: a tutto ciò la mostra di Giancarlo Giacomelli ci esorta a dare o ridare valore.
Per concludere, non posso fare di meglio che citare le poesie di Giancarlo Giacomelli che si possono leggere nella mostra a mo’ di didascalie.
Una foto è istante, emozione, sogno, ricordo.
È materia quando senti la carta tra le mani
Come un ricordo
che muta nel tempo
così una fotografia
non fissa il presente
lo rende eternamente mutevole agli occhi e al cuore di chi
si sofferma per un istante
Istante presente ma anch’esso passato o già futuro
Non aspetto
che il mondo
entri nell’inquadratura
ci entro dentro io
con tutta la mia vita
e
così ci incontriamo
in uno scatto
Quella foto
scattata tra un passo e l’altro
tra una sigaretta e l’altra
un istante
un pezzo di mondo
un rettangolo di vita
Intorno
cose, persone
cancellati da una inquadratura
da un scelta istintiva
abbandonati così al loro futuro.
(…)
Sono seduto in un mondo di verde, su fondamenta di fiori si ergono alberi
Che raccontano la storia di almeno due secoli, su di essi
Ci sono cuori che rammentano amori veri e duraturi,
amori falsi durati una luna soltanto, nomi e date,
sono come una pagina di storia e sono storia loro stessi.
Io seduto ai loro piedi, mi sento niente o tanto piccolo da risultare inutile,
anche per me stesso.
Il vento caldo dell’estate mi trascina via senza faticare,
poi mi abbandona, poi ancora mi riprende tra le sue braccia,
mi sbatte contro sassi ed alberi, il dolore è grande,ma
il viaggio è come il tempo non si interrompe,
continuo a correre per valli, colline e montagne, per un mondo immenso.
Dovrò andrò a finire?
Forse mi avvicinerò alla casa di Dio,
forse me ne allontanerò
forse scoprirò altri pianeti,
forse andrò nel mio regno e sarò re, ma ancora schiavo di me stesso
e di quel vento che è padrone di tutto.
INIZIO Visioni della mia città
Gianfranco Giacomelli
A cura di Massimo Rossi e Carla Mazzoni
Dal 5 al 8 giugno 2019
Galleria Preferiti
Via Giacinto Mompiani 1 Roma
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