Il non rinnovabile spazio sottratto al pianeta, citando Marc Augé, porta ad «... una perdita di riferimenti quindi di identità» che Giuseppe Penone ha trasformato con le sue abilità tecniche in una espressione artistica dell’umana personalità. L’artista al Gagosian Gallery, simboleggiando l’impronta ecologica dell’uomo in sculture dal forte connotato idealistico e di valore di denuncia in composizioni di sofisticato senso estetico, ha così proposto la sua ultima personale.
Non poteva essere diversamente per un artista di tale livello. Giuseppe Penone è una delle più famose artistar del momento, un nuovo Joseph Beuys (Krefeld, 12 maggio 1921 – Düsseldorf, 23 gennaio 1986), in chiave non movimentista, peraltro, ma di grande influenza ecologista.
Come ad anticipare quello che sarà la mostra, egli scrive su una parete nell’ingresso della Gagosian Gallery, a matita grossa e con tanto di firma “Scaltra come gesto della mano che carezza le forme equivalenti della terra “; infatti sono piccole quantità di terracotta che vengono impresse dall’impugnatura delle mani e poi roteate, torte su se stesse come a voler creare uno strano sasso, un seme simile al gheriglio di una noce che in numero variabile verranno composte su tele per creare opere d’arte.
Un’esecuzione semplice quanto geniale, per le modalità d’uso che Penone si sbizzarrisce a inventare ed esercitare in varie forme e vari colori, tutte realizzate con eccellente maestria.
L’impatto che offre la mostra è piacevole: numerose opere dall’aspetto prezioso che magicamente adornano la vasta sala espositiva in grandi composizioni conferendo ad essa un fascino quasi inspiegabile per i semplici materiali usati.
Non mancano i calchi in bronzo di rami o alberi, tipico motivo di Giuseppe Penone, che da anni li ripropone e rinnova in sapienti forme e colori. Tutto bello da vedersi, in una mostra ben riuscita, che pone una riflessione collaterale di non poco conto.
Equivalenze si propone come forma bella ed estetizzante dell’impronta ecologica simboleggiata da quelle piccole terrecotte ammassate e da quei calchi di rami, tutte bellezze che non possono essere accettate come mere decorazioni di un gran misfatto che l’uomo fa alla natura, e sono certo che lo pensa anche Giuseppe Penone.
Ma tanta scenografica magnificenza cozza con il dramma del Centro - Italia. Le ultime sciagure provocate da un inaspettato gelo hanno lasciato i pensatori ecologici ancora più gelati di quello che è stata la natura, al punto che sono rimasti basiti, immobili a contemplare l’accaduto e a riferire l’evidenza dei fatti. Non più le profezie alle quali ci avevano abituato, nemmeno valutazioni scientifiche che facessero capire a che cosa si andava incontro. Organi preposti allo sbaraglio, improvvisamente sprovvisti di capacità risolutive e quanto meno di ipotesi fattive. Da qualche mese a questa parte abbiamo vissuto l’angoscia di un futuro ignoto, l’incapacità di capire gli eventi, il panico, incompreso da chi doveva prestare soccorso, di popolazioni abbandonate.
Pare che di questo la natura si sia accorta e – beffarda - abbia menato micidiali fendenti con il terremoto e con tanta neve che, con le persone e le cose, ha seppellito ogni capacità interpretativa.
Percarietà, non voglio fare di Penone il bersaglio di colpe che non sono sue, ma la mostra rivela tutta questa povertà, che non è un gioco di parole trattandosi di un artista dell’arte povera quale è stato. Parlo della peggiore povertà diffusa, quella di pensiero di molti politici e degli addetti scientifici, bravi a fare catastrofismi ma non a salvare vite umane.
Forse se Giuseppe Penone fosse della fatta di Joseph Beuys, avrebbe compiuto una mostra meno bella ma più dirompente e sicuramente un happening di popolare successo che avrebbe dato qualche indicazione necessaria.
Dico il “forse” dei sognatori, dei visionari, dei disperati che non trovano risposta a quello che succede. Tre regioni colpite dal terremoto e diverse località montane devastate dal gelo nonché i morti di Rigopiano hanno rappresentato tutte insieme una tragedia di non piccole dimensioni.
Forse è meglio, però, non oberare di contenuti che non competono questa mostra: in fondo Equivalenze è una kermesse mondana per collezionisti facoltosi, dopo Matrice, avvenuta al Colosseo Quadrato, Palazzo della Civiltà del lavoro all’EUR, curata da Massimiliano Gioni per Fendi: queste manifestazioni artistiche anticiperanno l’inaugurazione di un'articolata installazione permanente, dal titolo Germination, al Louvre di Abu Dhabi.
“Le vene d'acqua che sgorgano dal terreno scorrono in rivoli che confluiscono, come i rami nel tronco, come le dita nel palmo di una mano, come il bronzo nella matrice di un albero”. (Giuseppe Penone).
Equivalenze
di Giuseppe Penone
dal 27 gennaio al 15 aprile
Gagosian Gallery Roma
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