Anatomy of Restlessness (Anatomia dell’irrequietezza) è il titolo della mostra, che probabilmente si rifà al libro di Bruce Charles Chatwin (Sheffield, 13 maggio 1940 - Nizza, 18 gennaio 1989), scrittore viaggiatore britannico ossessionato dalla ricerca di non comuni aspetti psicologici della natura umana e delle cose,sul tema del viaggio, della scoperta, dello studio storico e sociale dell'uomo,contemplando anche il nomadismo e le implicazioni del possesso dell’opera d’arte.
La molteplicità degli argomenti trattati è dovuta al fatto che è una pubblicazione postuma (1997) di vari scritti usciti su prestigiose riviste, che raccoglie quello che è il suo pensiero, meglio espresso in un libro di culto della fine degli anni ’70, “In Patagonia”, e poi in “Utz”, pubblicato postumo, sull'ossessione che porta gli uomini a collezionare oggetti d’arte. Se quest’ultimo significato del libro di Chatwin fosse stato il probabile vettore della mostra, forse avrebbe offerto ad essa una serie di spunti polemici molto interessanti, ma non è stato questo il vero fulcro dell’esposizione bensì le specificità della reazione alla percezione dell’oggetto.
Così gli artisti Tom Esam (Inghilterra), Claus Philip Lehmann (Germania), David Prytz (Danimarca), Sarah Ancelle Schoenfeld (Germania), Felix Kiessling (Germania) Philip Topolovac (Germania) e Yorgos Stamkopoulos (Grecia) e Joe Clark, hanno realizzato appositamente per l’occasione due nuove opere a testa che indagano, per mezzo di tecniche differenti, i limiti e l’identità della superficie del “soggetto immagine” spaziando dalla pittura alla scultura, dal video alla fotografia e all’installazione.
Nel saggio critico che accompagna la mostra Lorenzo Bruni dice:”Anche se i soggetti adottati sono molto distanti tra loro, le loro opere sono accomunate dal porsi non come un’immagine della realtà, bensì come dei dispositivi sperimentali e processuali. Queste loro condensazioni di tempo, inteso come coagulo di esperienze che condividono con lo spettatore in presa diretta, puntano ad una riflessione sul pittorico indipendentemente dall’oggetto quadro, ma anche sulla necessità di verificare l’attualità delle scoperte scientifiche e sociali intuite e acquisite nel corso del secolo passato..il non raffigurabile e l’esperienza diretta… che il tempo di reazione da parte dell’utente al mondo delle informazioni globalizzate è divenuto nullo;… e che l’unico modo per creare un gesto reale in senso radicale sia quello di realizzare non delle opere site specific, ma time specific”.
Pregne di tali concetti appaiono le opere esposte,che, per la problematicità dei linguaggi su cui si è focalizzata la realizzazione, hanno nella condizione temporale la peculiarità maggiore: esse offrono una narrativa che spazia in vari campi dell’immaginario. Come Universal Cleanerdi Sarah Ancelle Schoenfeld,una serie di fotografie di uno schermo di iPaddove la soluzione liquida sulla superficie è l’oggetto di ricerca sulla materia delle cose. In Zeitzeichnung (Time drawing) Felix Kiesslingfa scrivere il tempo che trascorre inesorabile con un pezzetto di grafite posto sulla lancetta dell’orologio.
Una condizione temporale a cui poi, per ovvi motivi, si va ad aggiungere quella spaziale, nella consapevolezza che si realizza nei tempi dello sguardo dell’osservatore. Molto dell’efficacia del tema di ricerca della mostra è dato dall’allestimento, che funge da valore aggiunto all’indovinata disposizione dello spazio reale che la galleria offre.Vi segnalo inoltre, per venerdì 10 giugno, You are whatyou arecollettiva a cura di Nils Petersen e Anna Redeker, che indaga la relazioni fra l’uomo e la natura come materialità, tangibilità, dell’esistenza. Questo è il filrouge che unisce le opere di Julius von Bismarck, Jan Bünnig, Julian Charrière, Paula Doepfner, Mariana Hahn, Peter Miller, TyraTingleff, Alvaro Urbano, Anna Virnich. Si tratta non solo di materialità in sé, ma anche di una visualizzazione di un processo basato sulla natura come pattern, modello, predeterminato.
Termini come stratificare, rivestire, processo, crescita, link, memoria, esposizione di certi materiali, giocano anche un ruolo simbolico. Sono termini che aggiungono un richiamo alla storia, alla civilizzazione, alle questioni socio-culturali, all’intervento dell’uomo sulla natura, contro la natura, nella natura.
Anatomy of Restlessness
Lavori di Joe Clark, Tom Esam, Claus Philip Lehmann, David Prytz, Sarah Schoenfeld, Yorgos Stamkopoulos, Philip Topolovac e Felix Kiessling
Galleria Mario Iannelli
Via Flaminia 380 a Roma
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