Gli artisti dell’avanguardia romana sono entrati in carcere e hanno scelto la parabola del figliol prodigo per farsi accettare dall'istituzione, e farsi capire dai detenuti. Convinti che pittori e prigionieri abbiano in comune una forte difficoltà a farsi accettare "così come sono", alcuni dei più attenti artisti romani hanno accolto la sfida di tentare di fare qualcosa di "non inutile" all'interno di un luogo dove apparentemente tutto è assolutamente inutile, ossia un carcere italiano.
E visto che da troppo tempo la politica non si occupa più del "sociale", senza rassegnazione e con un pizzico di altera provocazione i neo artisti rebibbiani si uniscono ai pellegrini di questo anno giubilare che sta per iniziare. Potevano fare diversamente? Davvero si può parlare di emarginazione solo da un punto di vista cattolico?
“Il Figliol ProdigIo” è una variazione sul tema della Misericordia, ossia quella virtù che Papa Francesco ha messo a basamento di questo anno giubilare. Quale spunto migliore della parabola in cui un figlio lascia la famiglia, e poi è costretto a tornarvi perché è stato respinto dal mondo. Quale riflessione più attuale della necessità che ha ogni essere umano di ripensare continuamente il proprio vissuto. Quale linguaggio più adatto, meno doloroso, di quello mediato dall’arte?
Undici detenuti di Rebibbia Nuovo Complesso con gli artisti Paolo Bielli, Alessandro Costa, Giuseppe Graziosi, Marina Haas, Vincenzo Mazzarella, Laura Palmieri, Elena Pinzuti, le associazioni Pronto Intervento Disagio e Nessuno tocchi Caino, hanno dato vita al laboratorio di pittura dove sono state realizzate le opere esposte presso l’antico, suggestivo complesso del Museo delle Mura.
Dalle opere è nato anche un Calendario 2016 con testi e foto del laboratorio il cui ricavato sarà utilizzato per altri laboratori interni al carcere.
Grazie alla sovraintendenza dei Beni Culturali e del Comune di Roma, la Mostra “Il Figliol ProdigIo”, inaugurata Sabato 21 novembre 2015, resterà esposta fino al 13 dicembre 2015, a Porta San Sebastiano 18 Roma.
(fonte Nessuno tocchi Caino)
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