Come dice Eraclito, lo scontro nella guerra è padre di tutte le cose perché il confronto con il suo opposto definisce il legame che esse hanno tra di loro. Personalmente non so se questo concetto è stato presente a Carla Mazzoni, ma mi è balenato subito nella mente quando ho visto i quadri di Simonetta Gagliano, Adriana Pignataro e Annamaria Polidori, in una tripla personale dove le artiste "si affrontano" per esprimere al meglio i loro contenuti.
Il bianco e il nero di Adriana Pignataro e la lavorazione della pietra bianca di Annamaria Polidorisono esemplificativi di un contrasto estremo, posto a dialogare con i colori di Simonetta Gagliano, come per creare un racconto in cui le artiste convocate su questo tema esprimono la loro sensibilità.
Il collage di strappi di carte bianche e nere di Adriana Pignataro va a ricomporsi in un’opera che offre una sintesi di questa contrapposizione, al punto da creare un intrigante equilibrio come nel cinese Dao, a simboleggiare l’interazione tra yin e yang. Al loro interno i semi, altri strappi di carte, pronti a rigenerarsi nel rispettivo colore opposto, in un continuo "dove le cose si generano e si rispecchiano l’una nell’altra" come spiega nel catalogo Claudio Strinati.
Adriana Pignataro strappa dei fogli bianchi e neri su un supporto, creando effetti compositivi che rimandano, se si vuole, alle suddette teorie filosofiche, una sequenza di strappi che alimentano la fantasia di ipotetiche sagome e generano suggestioni di forme astratte.
A contrasto con gli stacchi netti quasi violenti delle suddette forme abbiamo i colori di Simonetta Gagliano che genera soggetti dalle incerte sembianze. Un figurativo irreale tutto da interpretarsi nel quale emerge forte la sensazione cromatica ottenuta da accostamenti di colori che tendono prevalentemente al verde e al celeste. Colori e forme che sembrano sciogliersi come affetti da un’inconsistenza che non permette di rapprendersi.
Un movimento lento quasi statico di qualcosa che si trasforma e che è in via di ricomposizione in un’altra dimensione, non definita ma a beneficio di chi si trova a guardare. Visi, corpi che sembrano diluiti sulla tela, forse rispecchiando quell’inquietudine di animo tipicamente poetico relegato ad un’ interpretazione del mondo che vede nella società il fluttuare primordiale delle cose, tra la forma prout in materia corporali e la forma sine materia subsistens che poi si ricompongono insieme in una sapiente disposizione compositiva: tale è l’opera di Simonetta Gagliano.
Annamaria Polidori trova e poi scava nella superficie di un materiale bianco, come quello della pietra di Lecce, facendoci scoprire i tratti delle ombre, in giochi che rimandano ad una forma indefinita e quasi magmatica come in procinto di tornare materia scultorea.
In alcuni casi Annamaria Polidori ci propone superfici levigate tanto da sembrare scivolose al tatto, mentre in altre ne offende la compattezza, affonda lo scalpello come a sfondare la pietra, addirittura in una sua opera si riconoscono i fori praticati dalla punta del trapano.
Sono sculture che interpretano al meglio la proprietà della materia trattata, quasi a darle una vita che scopri nel momento in cui ne scruti la superficie. Un racconto esistenziale dalle varie sfaccettature, dove alle volte trovi una sensualità intima e segreta, con una eco sapienziale che sollecita ad una meditazione.
La disposizione delle opere nelle sale della galleria indica che si tratta di evidenziare il nesso "pensiero e forma",come recita il titolo della mostra, con una sequenza spaziale e concettuale che la cura di Carla Mazzoni ha reso con notevole efficacia; interessantissimi i testi di Ida Mitrano e Claudio Strinati che correlano la presentazione alla mostra.
Pensiero e Forma
Simonetta Gagliano, Adriana Pignataro, Annamaria Polidori
Centro di Mostre e Studi sull’Arte Contemporanea
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