Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

25/12/24 ore

"La pietra della Bellezza. Giordano Bruno, l’eresia del pensiero oltre il rogo"



Il genere letterario dei dialoghi e delle interviste impossibili rappresenta al contempo una sfida irrazionale alla razionalità storica ed una chiara manifestazione di quest’ultima. Infatti, l’impossibile di questi dialoghi ed interviste è dato dal tempo, che si frappone tra lettori/ascoltatori e protagonisti degli incontri e, talvolta, anche tra i protagonisti stessi della narrazione.

 

Il prima ed il dopo sembrano non potersi incontrare e convivere ab aeterno; inoltre le sfasature storiche ed i diversi contesti socio-culturali paiono non consentire accostamenti acronici (anacronistici appunto), ma caratteristica primaria della ragione umana e sua massima aspirazione è proprio la dimensione acronica delle proprie proposizioni, delle proprie affermazioni.

 

Il tempo separa nella sua rettilineità, ma anche ricongiunge nella circolarità nietzschiana “dell’eterno ritorno”; il relativismo incombe sulle umane genti: si tratta solo e sempre di interpretare attraverso teorie ed opinioni soggettive, ossia opinabili.

 

Gerardo Picardo si è cimentato in questo genere letterario con un atto unico, una piéce teatrale, i cui protagonisti, Filippo Giordano Bruno e Clemente VIII, si confrontano in un serrato dibattito esistenziale, filosofico, collocabile cronologicamente alla vigilia del rogo di Campo de’ Fiori del 17 febbraio 1600, ma anche in uno spazio/tempo einsteiniano, forse metafisico, cui la scena, il palcoscenico riesce a fornire oggettività, materializzazione.

 

Il dialogo, rapido, ma pungente e profondo, riesce ad esprimere l’essenza di un dramma, il dramma tutto umano, che si manifesta nel conflitto tra istinto di ricerca e desiderio di certezze, tra dogma e critica, tra libertà ed autorità.

 

A questo dramma umano si aggiunge anche un dramma sociale, il dramma del potere, che esplode tra scelta ed obbligo, tra convinzione ed imposizione, tra diritto e forza: il potere è forza, la forza è diritto ed il diritto si impone come obbligo, intimidazione. Su questa strada nulla rimane della libertà del singolo essere umano e nulla fu lasciato al filosofare di Giordano Bruno.

 

L’intuizione artistica di Picardo ha probabilmente consentito la realizzazione almeno teatrale, se non storica, di un desiderio o, meglio, di una grande e fatale illusione di Giordano Bruno; quell’illusione che lo stava conducendo spontaneamente a Roma, prima della infondata denunzia all’Inquisizione veneziana, presentata da Zuane Mocenigo, per dialogare con il Sommo Pontefice romano intorno ai temi della consapevolezza esistenziale.

 

Bruno si illudeva di poter discorrere con il Capo della Chiesa Cattolica Apostolica Romana come si discorre nelle Università tra filosofi, tra colleghi, tra pari nell’unico intento di cercare la verità oltre il mistero della vita. Non si avvide che il Pontefice era un capo politico e religioso, prima e forse al posto, di essere uno spirito filosofico e religioso.

 

Le fiamme del rogo gli tolsero ogni dubbio in proposito e dovrebbero averlo ormai tolto anche a noi, ai posteri. L’ortodossia, cui si contrappone l’eresia, non può riuscire ad esprimere una verità assoluta, poiché le verità assolute, proprio per questo loro inusitato carattere, se emergessero realmente nella storia risulterebbero immediatamente evidenti a tutti.

 

La repressione dell’eresia, dunque, altro non è che un metodo di controllo sociale, uno strumento di lotta, usato dal potere e certificato e legittimato dal diritto, per conservare la propria supremazia, per impedire il libero sviluppo dell’autonomia del singolo essere umano, per continuare a tenerlo prigioniero, attraverso la superstizione religiosa e politica, delle oligarchie sociali, che lo vogliono suddito, non cittadino.

 

L’estrema attualità di queste riflessioni si palesa con evidenza oggi sia in Italia che nel resto del mondo. Clemente VIII chiude il proprio dialogo con Giordano Bruno gridanto: “Zitto!! Mettetegli la mordacchia, consegnatelo al braccio secolare. Via, via!!!”.

 

Il realismo della piéce di Picardo si fa estremo e ripercorre fedelmente la realtà storica. Perché tanto accanimento allora come ora contro Giordano Bruno da parte della Chiesa romana? Nei confronti di Galileo Galilei è emersa, seppure tardivamente, una resipiscenza, che tuttora manca nei confronti di Giordano Bruno.

 

Forse Giordano Bruno aveva colto nel segno senza accorgersene. Come giustamente scrive Luciano Parinetto, il Nolano “Non aveva fatto i conti con l’ateismo dei preti di tutte le razze!” . Giordano Bruno non ebbe fortuna; avrebbe dovuto transitare per Roma qualche secolo dopo, in compagnia di Zarathustra, per incontrare finalmente un Papa consapevole del proprio ateismo a causa della morte di Dio. Allora, alle parole di Giordano Bruno/ Zarathustra - “Basta con un Dio così! Meglio nessun dio, meglio farsi il destino con le proprie mani, meglio essere pazzi, meglio essere noi stessi dio!” - sarebbe seguita una risposta più benevola del rogo, ma anche molto più consona alla religiosità, che dovrebbe essere il presupposto di qualsiasi religione.

 

Il Pontefice nietzschiano, infatti rispose: “ [O] Zarathustra [Bruno] tu sei più devoto di quel che credi, con le tue incredulità! Un qualche Dio in te ti ha convertito al tuo ateismo. Non è la tua stessa religiosità, che ti fa più credere a un Dio? E la tua onestà strabocchevole ti porterà anche al di là del bene e del male!” L’oscurità dei tempi, ed i nostri attuali appaiono molto vicini a quelli vissuti dal filosofo di Nola, sollecita il crescente impegno di tutti gli uomini del dubbio. Esso verrà subito riconosciuto e ben ripagato, poiché la Luce nel buio illumina con maggiore violenza. Nella notte anche una semplice candela può essere sufficiente ad illuminare la strada.

 

Nel conformismo delle idee e nell’egoistico silenzio della quotidiana mediocrità anche la più piccola ribellione può contribuire all’espugnazione della Bastiglia. Come nell’antica Grecia il teatro svolgeva funzioni catartiche, anche in questo lavoro l’Autore tenta nella chiusura una catarsi ottimistica, anzi, palingenetica: Morgana appare per volare con Bruno, come falchi, nel cielo del tempo e della verità. Ma Morgana è magia ed illusione; è fata arturiana e fenomeno atmosferico del deserto; è realtà e fantasia come il tempo e la verità.

 

Morris Lorenzo Ghezzi

Professore ordinario di Filosofia e Sociologia del Diritto Università degli Studi di Milano

 



Gerardo Picardo

"La pietra della Bellezza. Giordano Bruno, l’eresia del pensiero oltre il rogo"

Stamperia del Valentino, Napoli 2012


Aggiungi commento