di Giulia Anzani
Copertina flessibile sui toni dell’arancione, 288 pagine totali, casa editrice Solferino. È questo il profilo de “Il Monastero” del giornalista Massimo Franco.
Già autore di libri come, tra gli altri, “L’enigma Bergoglio”, “Il Vaticano secondo Francesco” e “La crisi dell’impero Vaticano”, in quest’ultimo saggio Franco indaga su quello che, per quasi un decennio, è stato emblema di una crescente anomalia interna alla Chiesa Cattolica: il doppio papato.
“Viali asettici, altari, fontane, piante rare e cactus disseminati in giardini che sembrano finti. Tra garitte di gendarmi vaticani, ombre di spie, stanze silenziose e parole curiali, c’è il Monastero Mater Ecclesiae dove vive ritirato Benedetto XVI. E che è la chiave con la quale tentare di decifrare quanto è accaduto e sta succedendo nella Chiesa oggi”: così recita il retro del volume, in un’esplicativa sinossi di quello che, nel volume stesso, viene definito “papato-ombra”: 9 anni e 306 giorni da papa emerito, contro i 7 anni e 315 giorni di regno effettivo.
È chiamato Mater Ecclesiae il cosiddetto Monastero in cui Benedetto XVI - al secolo Joseph Aloisius Ratzinger - ha trascorso fino alla morte i suoi giorni da papa emerito: un enclave percepito come il luogo del contro-potere rispetto al papa effettivo.
Come scrive Franco nella sua introduzione, “Benedetto è stato percepito prima come un ingombro, poi come una sorta di contraltare alla dottrina del papa argentino; perfino leader ombra dell’«altra Chiesa», quella sconfitta al Conclave del 2013 e destrutturata da Francesco”.
È questo uno degli aspetti più interessanti del libro: il lungo rapporto di convivenza tra papa Francesco e papa (emerito) Benedetto XVI, percepito esternamente come ostile e difficoltoso. Nel corso dell’indagine di Franco sulla loro coesistenza per quasi un decennio “emerge una «lobby del papa emerito» che Benedetto non ha mai voluto incoraggiare ma che si riconosce e si identifica in lui, con la tendenza rischiosa di interpretarlo secondo le proprie inclinazioni: e dunque a volte in maniera impropria, quasi caricaturale”.
Quando Ratzinger rinunciò al ruolo di papa nel 2013, diventò ufficialmente l’ottavo pontefice a rinunciare al ministero petrino.
L’essere sopravvissuto per quasi dieci anni alle dimissioni, ha alimentato dubbi su dubbi sulla decisione presa nonostante i documenti dell’epoca riportano come motivazione l’esser stato “spinto da legittime ragioni, per umiltà e debolezza del mio corpo e la malignità della plebe, al fine di recuperare con la consolazione della vita di prima, la tranquillità perduta, abbandono liberamente e spontaneamente il Pontificato e rinuncio espressamente al trono, alla dignità, all’onere e all’onore che esso comporta”.
Proprio questa decisione, spiega Franco nel corso del saggio, ha reso il papa emerito una figura persino più rivoluzionaria di Francesco. Benedetto è sicuramente stato percepito come controverso all’interno di un panorama già di per sé torbido.
La sua esistenza dopo il 2013 ha decretato vera scissione interna alla comunità cattolica tra conservatori “ratzingeriani” e progressisti “bergogliani” che, in una riproduzione caricaturale di una lunga campagna politica statunitense, portano avanti una faida infinita.
Non un rapporto personalmente conflittuale tra i due papi, ma due fortissime e accanitissime fazioni di ammiratori e sostenitori. Non una novità in Italia dove, da sempre, vige la forte divisione tra guelfi e ghibellini; sfumature: non contemplate.
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