di Maurizio Musu
Insediato da poche settimane il Presidente americano Biden annuncia il ritiro di tutte le truppe statunitensi dall’Afghanistan. Deaddline, la fine di agosto. La fase di ritiro, iniziata a maggio del 2021, sconvolge una presunta democrazia instaurata in vent’anni di guerra sanguinosa quanto dispendiosa dell’America, e del suo “principio democrazia”.
Durante la domenica di Ferragosto mentre in Italia è in corso il grande esodo per le vacanze, sotto il sol leone, in Afghanistan i Talebani con un colpo di mano - del miglior giocatore di poker - si insediano nuovamente al potere, vent’anni dopo una guerra al terrorismo logorante e logorata da insuccessi, morti, ed un governo afghano mai realmente forte di consensi e visione unitaria.
Entrati a Kabul stabiliti nel palazzo presidenziale, dove, con una conferenza stampa, trasmessa attraverso il canale di Al Jazeera, lasciano intendere che stavolta non sarà come vent’anni prima.
Quella dell’Afghanistan è una storia terribile.
La guerra in Afghanistan del 1979-1989, indicata anche come guerra sovietico-afghana, fu un conflitto intercorso tra il dicembre 1979 e il febbraio 1989. Si contrapposero da un lato le forze armate della Repubblica Democratica dell’Afghanistan, sostenute da un massiccio contingente di truppe terrestri e aeree dell’Unione Sovietica (URSS), e dall'altro vari raggruppamenti di guerriglieri afghani collettivamente noti come mujaheddin, appoggiati materialmente e finanziariamente da un gran numero di nazioni estere. Un conflitto dentro la guerra fredda … la cosiddetta prima fase della guerra civile afghana... e poi la fuga americana...
Ma se per i talebani vent'anni prima fu necessaria una Rivoluzione violenta per salire al potere, nell’estate che giunge al suo culmine, gli stessi, sfruttando il vuoto temporale delle forze occidentali salgono al potere in un giorno di un’estate lasciata e tradita a metà.
Tutti i tg mostrano immagini di un Paese sull’orlo della disperazione, migliaia di persone in fuga, chi a piedi chi su aerei messi a disposizione dalle forze occidentali. C’è chi si aggrappa al carrello delle ruote dell’aereo, sperando di riuscire nella fuga, chi si aggrappa a quei disperati aggrappati. Nell’immaginario collettivo echeggiano le immagini di quei corpi che dalle torri gemelle volano a terra. Corpi che a peso morto volano verso il vuoto, le macerie, pur di fuggire alle fiamme delle due torri.
Stavolta sono corpi vivi che cadono in aria in cerca di una libertà spezzata e promessa.
E mentre il presidente Ashraf Ghani, con il suo entourage e famiglia, è lontano dall’Afghanistan, il Paese crolla sotto i colpi di comunicati stampa e conferenze dei Talebani che mostrano un nuovo volto della loro forza.
Il resto del mondo osserva fra sbigottimento, incredulità, dubbi di una sconfitta in una guerra mai realmente voluta e capita.
In questo scenario proponiamo due letture che svelano il dramma del popolo afghano, entrambi i testi sono editi da Neri Pozza; il primo: “La mia fuga da Kabul” scritto da Asma, il secondo, un dialogo a due fra Domenico Quirico e Farhad Bitani (lo stesso che nel 2020 ha pubblicato, sempre per Neri Pozza, il libro L’ultimo lenzuolo bianco), dal titolo Addio Kabul.
Da una parte una giovane studentessa e il marito, sposato in fretta e furia, costretti a fuggire grazie alla fortuna e ad un professore – non è svelato, per correttezza e riservatezza, il suo nome – che fra mille artifici trova, grazie all’aiuto della Farnesina, dei carabinieri e delle forze armate italiane, il modo per far arrivare in Italia.
Cinque giorni in fuga con la paura di non riuscire, di non avere i documenti necessari. Una fuga che pare non abbia un lieto fine, ma la fortuna e la caparbietà la spuntano. Asma e il suo giovane marito arrivano in Italia. Le cicatrici sono ben evidenti nelle pagine che prendono vita dopo un tempo di ricerca, riflessione, stabilità; il lettore le sente tutte, avvertendo ogni singola emozione vissuta dalla giovane coppia.
Il secondo è un dialogo in cui storia, politica, sociologia, sono il centro di un’analisi che mette in risalto il fallimento dell’Occidente e dell’America in primis.
Ma vuole essere soprattutto un viaggio nel mondo sconosciuto dell’Afghanistan e di una democrazia mai veramente compresa e stabilita in terre afghane.
Da un lato Domenico Quirico, giornalista e scrittore, numerosi sono i libri editi dalla Neri Pozzi. Dall’altra Farhad Bitani scrittore e educatore afghano, ultimo figlio di un generale di Corpo d'Armata afghano, che ha servito come ufficiale nell'Esercito afghano durante la missione ISAF. Nel 2012 congedato dall'Esercito si dedica alla promozione della pace e del dialogo interreligioso e interculturale.
Nel dialogo emergono le ombre di quanto fatto dalla politica americana, rea di non aver mai compreso che la Democrazia non sarebbe mai stata possibile se prima non si fosse costituita una linea di continuità fra i vari territori del Paese e le sue Etnie. Differenze mai prese in considerazione. Errore fatale!
Emerge forte l’accusa ad una dirigenza corrotta e figlia del denaro oltre che dell’oppio; ma è anche forte l’accusa ad un sistema, messo in scena dalle forze militari americane, che ha costruito nemici e amici a seconda delle mazzette e delle convenienze.
La letteratura degli ultimi anni è ricca e varia in materia.
I due non si fermano però alla sola America e alla politica del buon nemico/amico, ma entrano nelle pieghe di un Occidente mai all’altezza del suo compito di pace e mediatore, l’Italia non ne esce meglio.
I due non fanno sconti a nessuno e non potrebbe essere diversamente.
E come per Asma, anche per i due scrittori, è chiaro che in quella domenica di ferragosto - in cui le immagini mostrano decine di corpi cadere in aria verso una terra brulla, fredda, colorata e ricca di tradizioni - a morire è un popolo ancora una volta castrato e imprigionato.
Proponiamo una doppia lettura perché, parere dello scrivente, i due libri, inconsapevolmente, creano una interessante corrispondenza fra pagine ricche di emozioni, Asma, ed analisi razionali, Quirico/Batani, in cui prendono forma e vita nuova i cinque giorni in cui la fuga è la via verso la libertà.
Asma pone in luce la questione femminile e lo fa attraverso un vissuto forte e drammatico, i due vanno oltre, ponendo in essere domande alle quali si dovrà trovare, prima o poi, risposta.
Chi sono i nuovi Talebani? quali classi sociali rappresentano? Dove reclutano martiri e guerrieri infiniti? Perchè, e in che modo, ridotti a fuggiaschi sconfitti nel 2002, sono diventati i nuovi padroni?…
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