Nell’aprile dello scorso anno, l’ingegnere e architetto Davide Romanin Jacur, guida del museo ebraico di Padova, presidente - per quasi trent’anni - della Comunità locale, nonché dal 2017 consigliere e dal 2018 assessore al bilancio UCEI, tenne una serie di tre dibattiti “vivaci, ma al tempo stesso meditati” presso l’Accademia Galileiana il cui contenuto è stato recentemente pubblicato dalla casa editrice “Il Prato” con il titolo: “Tre conferenze sulla storia del popolo ebraico”.
Un breve, ma intenso excursus su quattromila anni di esistenza, ben documentato e argomentato, importante per chi vuole conoscere alcuni aspetti umani e sociali di questo gruppo, di cui si parla spesso, ma si sa sempre troppo poco. Un percorso indipendente dalle fonti bibliche e religiose o da visioni specificatamente ideologiche o politiche.
Contrariamente al pensiero comune la diaspora non ebbe inizio con la conquista romana e nemmeno precedentemente con quellegreca o babilonese, ma risale addirittura all’invasione assira nel 722 a.C. Dunque, l’autore comincia la sua prima conferenza, tenutasi il 10 aprile, da questo evento che segna il primo grande spostamento di cui si ha una “certezza documentale” tralasciando volutamente l’esodo dall’Egitto, considerato, invece, facente “parte di quella che potremmo definire ‘preistoria – quasi mitologia – ebraica’”.
La sua trascrizione è corredata da diverse cartine geografiche a colori tratte principalmente dall’Atlante Storico della Zanichelli, dove sono indicati i movimenti, volontari o coatti, avvenuti in tutte le epoche fino ai nostri giorni e da alcune tabelle sulla popolazione totale, sulla presenza ebraica nei Paesi nei cinque Continenti, nonché i numeri stilati dai nazisti nella Conferenza di Wansee.
Sebbene Romanin Jacur non si soffermi sulle differenti motivazioni, si può facilmente intuire, come la vita delle comunità diasporiche sia stata, in passato, molto altalenante, senza alcuna eccezione, tra persecuzioni ed espulsioni da un lato e accoglienza, apertura e reciproca collaborazione dall’altra.
La seconda conferenza, tenutasi il 17 aprile, riguarda la presenza ebraica a Padova e Venezia. In tutta la regione, Friuli compreso (Aquileia e Grado in particolare), le prime tracce risalgono all’epoca romana, ma in Laguna sono arrivati, secondo la documentazione disponibile, soltanto tra l’XI e il XII secolo. In questo capitolo, dopo una breve introduzione a riguardo, una cronologia dettagliatissima ripercorre le tappe più salienti, dal Medioevo fino ai nostri giorni, del rapporto tra gli ebrei, le Autorità e il resto della popolazione.
Seppur brevemente, molteplici sono gli aspetti affrontati, da quello economico a quello demografico, sociale e culturale. Il lettore qui potrà trovare accenni ad eventi che hanno cambiato o determinato la storia di tutto il Paese e forse del Continente, come la nascita delle stamperie, l’istituzione dei ghetti da una parte e delle confraternite e delle opere pie dall’altra, l’arrivo di Napoleone e l’alternarsi del dominio tra francesi e austriaci, Garibaldi e il Risorgimento, la prima guerra mondiale, le leggi razziali e le deportazioni nei Lager nazisti per finire con il dopoguerra.
La terza conferenza, tenutasi il 24 aprile, riguarda infine l’”antiebraismo” che ha molto in comune con il razzismo e la xenofobia, ma è al contempo un fenomeno unico. Purtroppo è sempre stato presente, manifestandosi lungo i secoli sotto molteplici forme e con pretesti sempre diversi.
Importanti le spiegazioni delle terminologie più ricorrenti, come “complottismo”, “antisemitismo” e “antisionismo” e gli aspetti psicologici degli stereotipi. Romanin Jacur ne spiega le rispettive origini e differenze, nonché le varie matrici (politiche, religiose e così via).
Un libro, dunque, denso, ma grazie al carattere discorsivo tipico delle conferenze e dei dibattiti non specialistici, facilmente godibile da chi vuole imparare, ripassare o riflettere su queste tematiche.
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