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16/11/24 ore

Il viaggiatore sedentario. Internet e la società irretita di Franco Ferrarotti


  • Elena Lattes

Oggigiorno sempre più viviamo in una società smaterializzata, sommersi e bombardati, come siamo, da messaggi e da strumenti per comunicare, grazie al cosiddetto web.2. Indubbiamente sono sotto gli occhi di tutti i vantaggi e le facilitazioni che la tecnologia moderna ci offre. Non tutto quel che luccica, però, è oro. Quali sono, dunque, i risvolti negativi e i pericoli a cui stiamo andando incontro?

 

A metterci in guardia da questo e da alcuni paradossi del mondo in cui ci troviamo, è il sociologo Franco Ferrarotti in “Il viaggiatore sedentario. Internet e la società irretita” pubblicato dal Centro editoriale dehoniano. Un libro piccolo ma intenso, molto critico, come forse si può facilmente immaginare, ma che propone non poche riflessioni sulle quali vale la pena soffermarsi. Tante le perdite sostanziali che derivano dagli eccessi dell’utilizzazione informatica, vediamone alcune.

 

La prima, a cui è evidentemente dedicato il titolo, è il fatto che nonostante viaggiamo, o meglio navighiamo molto, lo facciamo restando seduti davanti ad un computer; non affrontiamo dunque le mille peripezie che incontra chi si sposta e la nostra fantasia non è più stimolata né esercitata, a differenza di quella di poeti e artisti del passato.

 

La seconda riguarda il contatto con l’altro: possiamo avere migliaia di amici sparsi in tutto il mondo, “la socialità elettronica è ampia, planetaria, ma è una socialità fredda”, ovvero manca sempre più la vicinanza fisica. Per questo sfruttiamo al massimo la vista e, parzialmente l’udito, ma non utilizziamo più gli altri sensi, quali l’odorato e il tatto e anche il linguaggio del corpo è ridotto al minimo.

 

Tutto ciò è legato alla qualità della comunicazione, “ridotta a mera congerie di messaggi irresponsabili, spesso offensivi” che non implica più una reciprocità o una corrispondenza diretta e di cui si perde anche il senso: “a chi è destinata? Per chi è? E Per cosa?” Ricorda l’autore, alla fine del libro, che i politici nell’antica Atene – ad eccezione del Presidente a cui era consentito prendere appunti su una tavoletta di cera per dirigere la discussione - erano costretti a parlare a braccio “per garantire la sorgiva sincerità del confronto a faccia faccia”.

 

A questo esempio si collega anche la terza perdita: esercitiamo sempre meno la nostra memoria, perché abbiamo tanti supporti che ci aiutano a mantenerla, ma al contempo stiamo lasciando “cadere il peso del passato storico, prossimo e remoto”, illudendoci di potercene liberare. “Si è spezzato il legame fra memoria, esperienza e vissuto” e il nostro pensiero non è più ordinato e coerente, ma troppo concentrato sul calcolo, sul complotto e su progetti “a breve scadenza in base alle convenienze immediate”. 

 

Anche l’informazione vera scarseggia. Abbiamo a disposizione una smisurata quantità di notizie e di nozioni, ma manca la critica delle fonti e sempre più difficilmente riusciamo a discernere tra i fatti reali e le famigerate “fake news” che non sono altro, la versione contemporanea del pettegolezzo.

 

L’uomo del futuro sarà, dunque, sempre più solo, freddo, vuoto e, naturalmente, idiota? Ferrarotti reitera in quasi tutti i capitoli questi difetti, ma ammette anche che forse esagera, cedendo alla sua “tendenza iperbolica, donchisciottesca”. 

 

Internet e la tecnologia in fondo sono solo strumenti nelle nostre mani, sta a noi decidere quanto, e soprattutto come, servircene. Una maggiore consapevolezza dei possibili rischi non deve mirare dunque ad arrestare il progresso o a bandire i suddetti mezzi, ma a migliorarne la qualità dell’utilizzo.

 

 


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