“Cioccolato svizzero e altri tradimenti” sono brevi racconti di tre diverse esperienze avute dall’autore, Bruno Tillus, quando era un giovane borsista universitario in Italia negli anni ’90, che Piera Mattei della casa editrice “Gattomerlino” ha trasformato in libro, i cui episodi - “visionari”, come poi vedremo - si svolgono tra Roma, Camerino e Friburg in Svizzera, paese d’origine di Bruno Tillus.
La premessa scritta da Piera Mattei è anche l’introduzione necessaria a dare alla lettura il significato che in altro modo tenderebbe a sfuggire. In poche parole la sua presentazione, compresa la biografia dell’autore, è di fondamentale importanza per capire “Cioccolato svizzero e altri tradimenti”, di cui altrimenti si rischierebbe di perderne il senso.
Sono racconti che lasciano trasparire la particolare attenzione che ha uno straniero nei confronti dell’Italia, che alle volte si rivela in una sottile ironia suscitata dagli aspetti scenografici e forse anche grotteschi di un paese alquanto provinciale; ma state tranquilli, essi non hanno pretese sociologiche come ci si potrebbe aspettare.
Il libro snocciola una serie di avvenimenti come analisi di scenari, che offrono un’atmosfera di relazioni umane controverse, meditate da uno strano quanto silenzioso personaggio, che scruta l’uomo nelle sue peculiari contraddizioni, i tradimenti per l’appunto. “Cioccolato svizzero e altri tradimenti” sembra scritto da un gatto sornione, che se la spassa a descrivere la quotidianità valutando le situazioni curiose degli umani, con un saggio distacco tipico del felino, cui sono affezionati sia l’autore sia la casa editrice che ne porta il nome.
La scrittura è agevole e rende la lettura sciolta e piacevole, forse la stessa piacevolezza che si ha nel palato proprio gustando il cioccolato: sapori anni ’90, ma che non sanno di vecchio, anzi stimolano acute considerazioni.
Fa sorridere pensare a uno svizzero che giura di fronte alla statua di Marco Aurelio libertà esistenziali e proponimenti letterari. Questo e altri episodi sono un po’ la chiave di lettura; sono tutti aspetti insoliti ma non incredibili, forse sono solo momenti che la quotidianità con il suo ritmo frenetico nasconde ai nostri occhi in pieghe difficili da scorgere, ma che acutamente sono avvertite dalla sensibilità dell’autore come la vera vita che ognuno di noi vive ma senza farci tanto caso.
Bruno Tillus è un personaggio solitario, un poco naif, una meteora caduta a Roma così come poteva cadere in qualsiasi altro posto della Terra, un bel ragazzo intelligente e colto che si perde nelle pulsioni della vita e che forse vi perde anche la sua; Piera Mattei, che lo ha pubblicato, dopo averlo conosciuto non ha più saputo che fine abbia fatto, per cui potremmo dire che tra gli intenti del libro ci sia il ricordare uno fra i tanti missing che ci è capitato di conoscere nella nostra vita.
L’autore è un personaggio strano, che nel suo vagabondare per il mondo, invece di raccontarti delle storie epiche che caratterizzano le città e i luoghi, ti sollecita a cogliere tanti particolari, ma che allo stesso tempo si nasconde agli altri, ai suoi amici e a quelli che gli hanno voluto bene. Così diventa un’ombra che ti accompagna pagina dopo pagina. In un certo senso la spiegazione del libro è fuori del libro e questo è il suo fascino: penso che se non si considerasse questo aspetto, sembrerebbe un racconto come tanti altri. Invece si crea una sospensione costante come in un giallo, dove le tappe del racconto sono come delle finestre che misteriosamente si aprono in successione.
La lettura, nonostante la piacevolezza degli episodi, lascia un senso di tristezza, un retrogusto malinconico dato anche dal fatto che non si sa che fine abbia fatto l’autore.
Proprio la costante percezione rarefatta di questo fantasma è il connotato che aggiunge al testo uno spessore di poesia che ha uno squisito sapore dolce amaro tutto da gustare.
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