Si può trattare approfonditamente in poco meno di duecento pagine un’opera lirica e la vita del suo compositore, in maniera tale da tracciarne un quadro esaustivo, ma piacevole e interessante anche per chi non è un esperto di musica o di biografie?
Leggendo Tristan e Isolde – Il canto della notte di Adele Boghtich, pubblicato dalla Zecchini Editore, la risposta potrebbe essere affermativa. L’autrice, infatti, che è pianista, musicologa e germanista, racconta e spiega nei dettagli riuscendo a non annoiare mai ma, anzi, a rendere il testo avvincente.
L’opera “Tristano e Isotta” è ispirata ad un importante poema medioevale molto diffuso nell’area germanica e basato sul mito nato fra i trovieri (poeti-musicisti) francesi nel dodicesimo secolo.
Naturalmente l’amore è l’argomento principe, ma esso è accompagnato dall’ineluttabile tragedia: l’impossibilità di conquistarlo e di viverlo serenamente e in maniera lineare, lo lega indissolubilmente alla morte, al tradimento e alle guerre; la notte, simbolo della purezza e della sincerità, è contrapposta al giorno che invece è l’emblema di un “mondo di illusoria parvenza, tragico recinto entro il quale si dipana, patetica, l’esistenza di anime irrequiete”; le pozioni magiche concepite per far sbocciare il nobile sentimento anche in chi non lo prova, a causa dell’intervento di esseri maligni o di un uso sbagliato, si rivelano fonti di equivoci e malintesi che stravolgono totalmente i propositi iniziali e quindi il corso della storia, rendendo le relazioni dei protagonisti ancora più drammatiche.
Come in tutti i racconti dell’epoca, i personaggi principali sono re, principesse tristi e cavalieri fedeli o traditori; uomini che uccidono, conquistano, sfidano in duello, rapiscono le belle nobildonne, che amano o vorrebbero ma non sanno farlo, che affrontano mille peripezie e che muoiono per difendere le terre e il proprio sovrano o per il loro amore impossibile.
La Boghetich inserisce l’opera nel contesto socio-culturale dell’epoca, parlando ampliamente delle correnti letterarie e comparandola con l’originale medioevale, senza trascurarne i dettagli musicali. Frequente e particolarmente piacevole è l’uso di parole, frasi ed immagini tratte dal mondo della pittura e dalle arti visive: colori e sfumature, in riferimento non soltanto alla musica, ma anche ai sentimenti o alle condizioni umane e naturali, come ad esempio: “l’azzurro colore della sua solitudine”, “il candido colore dell’inverno”, “ingegnoso cromatismo armonico, dal forte impatto emotivo”.
Non sono da dimenticare nemmeno gli aspetti biografici sui quali l’autrice si sofferma e dai quali, come si diceva all’inizio, trae spunto per raccontare dettagliatamente le vicende del famoso compositore tedesco, con particolare riferimento, naturalmente, all’opera in questione: inizia con l’esilio a Zurigo avvenuto in seguito all’esperienza rivoluzionaria durante il quale il musicista si trova in un’atmosfera di “solitudine beata” – atmosfera che gli permette di dedicarsi a “La saga dei nibelunghi”.
Prosegue con i numerosissimi viaggi da lui intrapresi, grazie ai quali incontra ogni sorta di artisti e intellettuali - pittori, letterati, musicisti – senza mai tralasciare i suoi sentimenti e gli stati d’animo, specialmente i suoi tormenti interiori che, insieme alle letture e alle altre esperienze di vita, hanno influenzato inevitabilmente la produzione wagneriana.
Degna di nota è anche l’analisi del rapporto, intenso e tormentato che Wagner ebbe con le donne: con Minna, con la moglie Cosima Liszt, con l’amante spirituale nonché musa ispiratrice Mathilde Wesendonk (di cui riporta una parte della corrispondenza), con Judith Gautier e, citando Thomas Mann, della sua “filosofia erotica, una metafisica atea, il mito cosmogonico nel quale il motivo del desiderio evoca il mondo”.
L’unico neo è il tentativo dell’autrice di “sdoganare” Wagner dall’antisemitismo e dalle nefaste idee che ispirarono il nazismo definendo la teoria “una strumentalizzazione a posteriori, progettata dietro le quinte di un losco intrigo familiare ed attuata subito dopo la morte di Cosima”.
Secondo la Boghetich, fu Cosima ad aderire alle teorie antisemite e la nuora Winifred a cedere al “fascino” di Hitler, suo amico personale fin dagli albori della carriera politica. Eppure proprio Richard Wagner scrisse il pamphlet “Il giudaismo nella musica” nel quale sosteneva che gli ebrei, esseri ripugnanti, per redimersi dovevano annullare se stessi.
A conclusione del breve saggio si trova una cronologia schematica della vita di Wagner e i cinque Lieder con musiche di Wagner per pianoforte e soprano sulle parole scritte da Mathilde Wesendonk: Der Engel (L'angelo), Träume (Sogni), Schmerzen (Dolori), Stehe still! (Fermati!) e Im Treibhaus (Nella serra) con testo tedesco e italiano a fronte.
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