È una mattina come le altre: Giacomo è in macchina per recarsi al lavoro, ma mentre aspetta che il semaforo diventi verde gli si avvicina un anziano che bussa al suo finestrino e gli consegna un foglio di carta, “carta buona e spessa”, con scritte alcune parole apparentemente sconnesse. Giacomo gli dà un’occhiata, ma non capendo, non gli dà peso…
Arriva in ospedale dove l’attende una delle sue tante pazienti. È pronta per l’operazione: già superati tutti i controlli medici e tutti gli ostacoli, ora giace anestetizzata sul lettino. Il giovane medico, affermato e sicuro di sé, prende il bisturi, ma mentre sta per iniziare, vede qualcosa che lo disturba e lo riporta a quel foglio di carta. Da quel momento le vite del dottore e della signora cambieranno totalmente, prendendo una piega inaspettata.
“Crepapelle” di Paola Rondini, pubblicato da Intrecci Edizioni, è un romanzo ambientato fra la Toscana e Milano che parla di tre personaggi che hanno ben poco in comune, dalle storie apparentemente lontane, ma uniti da un elemento - o forse anche più di uno – che ha un significato e una valenza diversi per ognuno di loro. Il primo, e più evidente, anche dal titolo stesso, è l’epidermide, l’organo più superficiale del nostro corpo, ma quello che forse è più legato alla nostra anima, poiché è lo specchio del nostro essere.
Non a caso, probabilmente, l’autrice, parte dalla pelle e la prende come spunto fondamentale per esplorare i mondi interiori dei suoi protagonisti. Così, per il medico, chirurgo plastico, essa rappresenta il presente, una fonte di ricchezza per lui e, nella sua filosofia - forse sincera - di benessere (psicologico) anche per le sue pazienti; un elemento intorno al quale ruota il suo lavoro e vengono costruite le certezze (ma, come scopriremo leggendo, piuttosto effimere) del suo successo e della quotidiana routine.
Per la signora, poco più che cinquantenne, una donna media, come tante altre, non molto diversa dalle clienti precedenti, rappresenta il sogno di un futuro migliore, la speranza che il “cambiare pelle” possa aiutarla a staccarsi dal passato e dalle frustrazioni che in esso ha accumulato e a darle un futuro più roseo, sereno e, auspicabilmente, meno solitario.
Infine per l’anziano, la pelle, o meglio, il “crepapelle”, rappresenta il proprio passato, lontano cronologicamente (soprattutto se si pensa all’età degli altri due protagonisti e dei personaggi minori), ma vicino come se fosse sempre presente; un passato in cui la gioventù è legata indissolubilmente (e ovviamente?) alla spensieratezza, la quale dovrebbe essere normale e comune a tutti gli adolescenti, ma che viene rovinata - si potrebbe anche dire uccisa - dalla guerra e della violenza derivante dall’occupazione nazista.
Una gioventù, allora, in cui alla “leggerezza del vivere” succede il cupo stupore e poi il desiderio di rivincita, quasi di vendetta, la fierezza e l’orgoglio che l’accompagnano e ne sono la conseguenza diretta; e in cui l’amore adolescenziale lascia il posto ad un dolore profondo, inesprimibile e incancellabile. Se per i primi due, quindi, il crepapelle o il cambio di pelle è una sorta di “riempimento” o di “sostituzione” , per l’anziano rappresenta un vuoto incolmabile, accompagnato da una nostalgia commovente che lo porta a comportamenti strani, considerati dagli altri, vicini alla
follia.
Allora, quelle che sembravano pure casualità, vengono legate da un filo conduttore che rimane misterioso fin nelle ultime pagine: una lemniscata, il simbolo dell’infinito, che il medico si ritrova davanti per ben due volte in un giorno.
Cosa rappresenta? Ognuno potrà interpretarlo come preferisce, ma costituisce, di fatto, l’incipit e, allo stesso tempo, l’incognita che da una parte inquieta e fa vacillare certezze che si ritenevano consolidate - uno sconvolgimento che conduce ad una ricerca quasi ossessiva - e dall’altra, rappresenta l’eternità, un qualcosa a cui aggrapparsi, senza tempo e intramontabile.
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