di Salvatore Balasco
Lontano dai "frati sussurroni", cha biascicano litanie di rinuncia alla ragione. Cerca "o' silenzio, comme n'amante". Siamo a Napoli, intorno al 1575. il giovane su un alto scoglio, di fronte al mare, di sera, è fra Giordano Bruno. Parla in napoletano, la lingua delle Sirene e dei mercati. E' "o scuoglio ’cchiu filosofico e Napule. Qui il pensiero se ne può andare vagando come un gabbiano sull’acqua. E quante su ste stelle e pianeti elumi erranti? Chi 'e po' cuntà?".
Dopo la bella piéce teatrale 'La pietra della bellezza, l'eresia del pensiero oltre il rogo', di Gerardo Picardo (Stamperia del Valentino, Napoli), a riportare in scena il Nolano è ora lo storico Piero Bevilacqua, che firma 'Giordano', (Jaca Book, pp. 88, euro 12). In queste pagine scritte con empatia e sguardo lungo, scorre l'anima dell'inquieto filosofo e le sue lotte di ragione. Il 'Giordano Bruno maestro di anarchia', per riprendere il saggio di Aldo Masullo (Saletta dell'Uva, Caserta, ormai alla terza edizione) è l'uomo che non rinuncia.
Sa che ogni punto è centro. Pensare è tutto, liberazione dalle maglie d'acciaio di ogni dogma e fondamentalismo. Gli uomini di Chiesa - dirà in un passaggio il frate che sarà bruciato in campo dei Fiori il 17 febbraio 1600 - "o diavolo ce l'hanno 'ncapu e 'o vano a cercà miezzo 'e cosce de femmene". A chi "comanna" non basta tenere i poveracci "servi con la miseria. Ci vò pure 'a paura". E così la moglie di un cristo che fa il pescatore per campare può diventare una strega. Queste pagine di Bevilacqua raccontano quanto la superstizione e la religione che zavorra il pensiero può portare l'umanità al pozzo delle acque nere. In un passaggio del primo atto, Tommasino, il pescatore, dice a Bruno: "O vierno viene sulo p'e' male vestute".
Ma le storie degli uomini hanno gambe lunghe e camminano sulle acque dei mari. Le stelle non sono fisse, sono fuochi i movimento. Occorre fare attenzione perché il pericolo non viene dai mondi infiniti ma dalla cupidigia degli uomini, dalla loro pretesa di imporre la verità: "il potere è amico del potere". Eppure tutto sta per cambiare, tutto continuamente muta: "un grande tremuoto s'avanza. La Chiesa non è più il centro di nulla". Gli uomini devono apri "a capa...", i "demoni della ragione si sono destati, e vanno in giro per il mondo. Nessun rogo può fermarli".
Il giovane Giordano confessa al librario Ciotti: "i miei libri non hanno mai casa, me li devo trascinare sulla groppa di città in città, come una tartaruga". Dentro quelle pagine, numeri, simboli e Ruote. Inchiostro libero contro le streghe della solitudine e del pensiero unico. "Corro dietro alla mia mente come un servo dietro un padrone pazzo", dirà ancora il Nolano in un altro dialogo con il libraio di Venezia. E a un altro personaggio, l'erudito Metafisico, il ribelle nato sul Monte Cicala spiegherà che "anche le pene della lotta fanno bella la vita".
E a frate Alberto, il domenicano pietoso che andrà a trovarlo nelle carceri dell'Inquisizione, il Nolano - ricordando le fatiche e 'ee pene ncoppa i libri'- dirà: "Ppe' addeventà uommene nui c'avimmo dovuto caricà 'e muntagne...".
Il compito del pensiero è fare strada: "Bisogna avere lume di ragione per cogliere i segni, i lampi all'orizzonte. E io non posso tirarmi indietro, sono trascinato da questo vento. E' il mio stesso destino".
Occorre evitare: "è cose mbrugliate", che danno tormento. Siamo "carne di ribellione" dice in un dialogo con Campanella, ed "erbe dello stesso campo". E' questo la fede che consola, che può unire senza odio l'umana famiglia, senza fare commercio della speranza. Noi siamo gocce dello stesso mare. Ci aspetta la luce del Sud.
Ma la sabbia della clessidra ha finito i suoi grani. Giordano deve scegliere, i cardinali non danno più tempo. E la risposta del filosofo è coerente come tutta la sua vita di ricerca: "Se rinuncio alla mia verità, a tutte le idee che ho conquistato con le mie fatiche, io uccido la mia vita". Se qualcosa deve morire, sarà il corpo, perché "nessuno può richiudere i cieli che ho dischiuso". Una mordacchia non può fermare un lampo.
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