Ludwig Andreas Feuerbach (Landshut, 28 luglio1804 – Rechenberg, 13 settembre1872) è stato un esponente della sinistra hegeliana, uno tra i più influenti critici della religione cristiana, e come tale da alcuni anni a questa parte pare destinato a nuova vita filosofica: una rigenerazione a cui contribuisce il libro da poco uscito di Giuseppina Prejanò, Ludwig Feuerbach- Antropologia ed etica. Una ricostruzione, pubblicato da Aracne Editrice.
Un fenomeno dovuto al fatto che, venendo sempre più a mancare la lettura ideologica della filosofia, iniziano ad emergere tutti gli aspetti che in passato sono stati negati. La stranezza è che un ambito di pensiero, costituito da quello che è il contributo più alto che il genere umano possa concepire, è attraversato da una vulgata che non gli dovrebbe appartenere, come quella secondo la quale Feuerbach è un filosofo che ha avuto la sfortuna di essere stato schiacciato tra due importanti figure del materialismo storico, Hegel e Marx. Balla colossale perché giace su un concetto che nella filosofia non può esistere, perché proprio sulle differenze e sui contrasti la filosofia si crea e si evolve, e in mancanza di esse non potrebbero esistere nemmeno le lezioni e nemmeno si potrebbe spiegare il corso delle idee.
Quanto a Feuerbach potremmo dire pertanto che è forse stata la sua possente figura e ovviamente il suo pensiero ad accrescere il profilo del materialismo storico. Il problema non è stato tra i filosofi, ma tra i discepoli del materialismo storico, che vedevano nel pensiero di Feuerbach il cuneo che apriva falle importanti in quello che è stato il materialismo storico, determinandone la fase successiva, che meglio abbiamo conosciuto con il termine di comunismo, ed esercitando, di conseguenza, manipolazioni interpretative che saranno l’origine delle varie tragedie che ancora ci accompagnano.
Feuerbach applica il concetto hegeliano alla stessa filosofia di Hegel definendola figlia del proprio tempo, che pertanto sarà da considerarsi passata nel prossimo futuro: volere quindi definire l’assoluto equivarrebbe a precluderne lo sviluppo. In pratica la filosofia non si può fermare ad Hegel ma deve procedere oltre per affermare i criteri di libertà insiti nel filosofare; non solo, il filosofo che comprende la razionalità e quindi la giustifica come libero pensatore, la anticipa proiettandola in uno sviluppo, quello che effettivamente c’è stato.
Feuerbach, che ha incentrato gran parte degli studi sul Cristianesimo, arriva alla conclusione che la filosofia di Hegel in realtà è teologia filosofica, anticipando così nell’Ottocento lo spirito che caratterizzò i disastri del Novecento, che purtroppo avvennero per la distorsione insita nelle concezioni massimaliste che avevano in sé anche il germe del razzismo.
Eppure proprio Feuerbach, quando seguì le prime lezioni di Hegel nel 1824, pensava: <<Non teologia, ma filosofia! Non vaneggiare e fantasticare, ma imparare! Non credere, ma pensare!» con un entusiasmo che rimarrà il suo atteggiamento in tutta la sua ricerca per tutto il resto della vita.
Detto ciò nel volume Ludwig Feuerbach- Antropologia ed etica. Una ricostruzione, Giuseppina Prejanò offre un’analisi dei concetti più importanti della filosofia feuerbachiana, tentando di restituirne la complessità attraverso un percorso cronologico e di ricerca storiografica. Lo studio, infatti prende le mosse dalle prime opere del filosofo bavarese, passando per quelle più conosciute e studiate, quali L’Essenza del Cristianesimo e L’essenza della religione, per arrivare alla riflessione etica che Feuerbach intraprese in età matura. Attraverso questo excursus è evidente quanto il filosofo fosse interessato ad analizzare la complessità della natura umana a partire dal meccanismo dell’alienazione religiosa:Feuerbach mette in discussione la riflessione filosofica, teologica e scientifica del suo tempo, ricercando un sapere autentico che restituisca l’uomo a se stesso. L’uomo di Feuerbach è l’insieme di molti elementi: appartiene al mondo naturale, è limitato nel suo essere singolo e ha bisogno degli altri; è animato dall’essenza che si manifesta nelle sue facoltà (amare, pensare e volere) ed ha desideri, paure e necessità.
Pur non essendo giunto ad una teoria antropologica sistematica, quello di Feuerbach rappresenta il tentativo o un’indicazione di ricerca diversa, sulla quale fondare una nuova filosofia o addirittura sostituirla. Nel corso delle sue opere ritornano infatti concetti quali quello di genere, di rapporto Io-tu, sui quali si fonda la necessità umana di riconoscere la propria limitatezza ed aspirare ad una vita pienamente autentica, fatta di corpo, di incontro con la diversità e di riflessione.
L’approdo all’etica è il risultato di questa ricerca filosofica sull’uomo, perché l’etica, agli occhi del filosofo, deve sostituire la religione e porre delle nuove regole per l’agire umano. Riguardo al principio che regola l’azione, Feuerbach definisce il concetto di istinto di felicità, che consiste nella necessità, manifesta in tutte le forme di vita, di ricercare una vita sana e priva di dolore. Nell’uomo questo principio viene mediato dalla coscienza e dalla realizzazione del rapporto Io-Tu, che proprio sulla base delle differenze inerenti alle singolarità che si incontrano, costituisce l’istinto morale di felicità.
Per i cultori della filosofia ricordo che Feuebach è alla base della filosofia contemporanea che si struttura molto di antropologia compreso le ultime tendenze dell’antifilosofia.
Lunedì 30 maggio scorso alla Federazione Unitaria Italiana Scrittori (FUIS) Emilio Baccarini, professore associato di Filosofia morale che insegna Antropologia filosofica presso Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” e Fabrizio Palombi, professore associato presso Università della Calabria e autore di vari libri, hanno curato con i loro interventi la presentazione del libro, insieme all’autrice. Ha moderato il dibattito Claudia Marchionni.
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