“Da studente liceale osteggiava il sesso prematrimoniale. Da giovane faceva il portaborse di un deputato ex Dc. Da politicante nella Margherita era il galoppino di Francesco Rutelli. Poi, nutrito di tv e di berlusconismo, ha cominciato la sua scalata di potere, benedetta da Comunione e liberazione e dai Focolarini.” … Su questa scalata – tappa dopo tappa - Michele De Lucia ha scritto Il Berluschino (Kaos edizioni) – che in mezzo a un fiorire di agiografie costituisce per ora l’unica voce piuttosto critica su Matteo Renzi disponibile in libreria, dalla quale si evince prima di tutto e una volta di più che il Rottamatore non cade dal pero.
Il suo è infatti un cursus honorum di tutto rispetto, con tanto di gavetta canonica di prima repubblica da amministratore cooptato secondo le logiche spartitorie ben note. Altro che “nuovo”, dunque, sottolinea nel corso della presentazione del lavoro dell’ex tesoriere di Radicali Italiani il prof. Giorgio Rebuffa, ospite con Fausto Bertinotti e Fabrizio D’Esposito del Fatto quotidiano al dibattito moderato da Giuseppe di Leo. Piuttosto si può dire che Renzi sia “intrinseco alla politica” e “viene da una crisi tutta interna al Pd e più in generale della sinistra italiana”.
“Spregiudicato”, Renzi ha dalla sua quella “incoerenza tattica” – così definita da D’Esposito - che fa propria smentendo se stesso secondo le convenienze del momento pur di raggiungere il fine. Il giornalista del Fatto quotidiano, manco a dirlo, vede Matteo Renzi “in perfetta continuità con Berlusconi”. La sua è una "politica fatta come suggestione non come visione”, figlia della "metamorfosi del metodo berlusconiano degli annunci”: una “democrazia spot”, quella di Renzi, che si basa sui difetti peggiori del berlusconismo.
La tesi di Renzi "figlio di Berlusconi o della Dc…" non convince invece Fausto Bertinotti, che descrive quella attuale come“ una era politica che rende impossibile il confronto” con situazioni precedenti oggi “del tutto inusabili”. Per l’ex Presidente della Camera siamo di fronte a un “leader neo-bonapartista” collocato in una “stagione post-democratica e post-moderna sostanzialmente neo-autoritaria”. Tradotto, Renzi è un “osso duro” che si fa forza del fatto “di venire dopo la sconfitta storica del movimento operaio”, che ha finito per “cambiare i connotati della storia così come l’abbiamo conosciuta”, e dell’opera di “cancellazione del ‘68” che diventa una “necessità storica per la stabilità”. In questo modo Renzi non ha più un avversario storico con cui confrontarsi ma competitori che cambiano.
Renzi, di fatto, afferma Bertinotti, "si nutre delle macerie della storia". Una storia che, se guardiamo l’ultimo ventennio, ha visto la politica italiana ruotare attorno alla figura dominante e ingombrante di Berlusconi. E del “pregiudicato” e del relativo berlusconismo Matteo Renzi sarebbe – secondo Fabrizio D’Esposito – “il frutto velenoso”. Dell’anti-berlusconismo e delle sue nefaste ricadute sulla sinistra italiana neanche a parlarne, ovviamente. Ma forse a un redattore del giornale di Padellaro e Travaglio sarebbe chiedere troppo.
- guarda la pesentazione de Il Berluschino (audiovideo da radioradicale.it)
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