Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

28/11/24 ore

POESÌ. Rino Mele, Natale dell'epidemia



Siamo impreparati a ricordare le radici del nostro stupore, in questo Natale senza volto: viviamo in gabbie separate, come gli animali d'allevamento che da sempre con superficiale stupidità, senza avvertirne il dolore, torturiamo, non riuscendo nemmeno a sentire i loro gridi. Alla nascita di Gesù accenna il Vangelo di Matteo, ne parlano quello di Luca e - il più bello, tanto da sembrare scritto coralmente da una classe di bambini - il "Protovangelo di Giacomo", escluso dal Canone e confinato tra gli apocrifi.

 

 

 

 

 

RINO MELE

 

 

Natale dell'epidemia

 

Quella notte si fermò il tempo: il braccio

alzato

rimase inchiodato, gli uccelli notturni smisero di battere l'ali,

si ritrovarono a metà del volo,

in aria

senza cadere. L'acqua del secchio rovesciato stupì

come una sospesa 

trama, anche la voce di chi parlava non si chiuse 

nella vocale 

che seguiva, ma restò

sorpresa del suo suono, ad ascoltarsi.

A Betlemme, Giuseppe e Maria erano due pietre 

in un torrente,

spinti dalla folla cercavano un portico dove fermarsi 

mentre Maria gridava muta

e sbiancava.

Venivano da Nazareth, stranieri in quel villaggio,

e poveri,

nessuno voleva in casa il loro contagio.

Sentirono il caldo di una grotta al di là di un cortile.

La tenebra era alta e la luna,

nel suo chiarore

trovarono la stalla tra un acuto odore di fieno

e l'improvviso silenzio.Partorì 

da sola

come le madri delle madri, contadine alle quali

bastava la tenera protezione di un solco

per uscire

dalla propria vita e darla a un piccolo corpo.

Poi, tutto si sciolse e tornò il dolore: Erode che aspettava

il ritorno dei magi, i magi che quel ritorno elusero,

la fuga

di Maria su un asino e Giuseppe che ad essi correva intorno,

a stancarsi d'amore.

In quell'esule viaggio,

il tempo

s'era di nuovo tinto di pianto, aveva ripreso

tra le sue dita d'aria

gli affanni degli uomini, le immagini

che divorava, il sangue dei pensieri dimenticati.

 

 

_________________________________________  

 

 

Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud", ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.

 

  

Leggi l'intera sequenza di POESÌ