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26/11/24 ore

POESÌ di Rino Mele. La poesia come prima della nascita



La poesia (non il risibile scrivere in versi, che è solo un modo per segnalare l'azzardo, il rischio di una difficile scrittura ma quell'andare oltre la parola, dentro di essa) è il risalire la corrente del linguaggio fino alla carne che ancora non parla, il confuso soffrire prima della nascita, sommersi dagli spasmi di una donna che si torce, ed è la madre da cui tutto ha avuto fine, iniziando

 

 

 

 

 

POESÌ DI RINO MELE

 

 

La poesia come prima della nascita

 

 

Quando le parole si staccano dal corpo

e parlano a se stesse come serpi

vive,

tagliate a pezzi da un coltello - e sono le pause,

i resti del suono, lo spazio

tra le dita della mano -. Quando le parole

non paiono uscire da una bocca di carne

e lingua

e denti e la dolce

saliva che accompagna l'ansia e incolla i baci

nel sonno, ma da una pietra, venute fuori

come insetti, api nere

senza miele. Restiamo a guardarle,

meravigliati come il suono di esse

si sia fatto chiara presenza

- nuova ipostasi -

allora, in quella linea di lontana disappartenenza,

dicono ciò che potremmo udire (o anche noi

dire) solo se fossimo morti.

La poesia è lo stupore di scendere tra i morti

nella scale strette delle parole, risalire

nei loro suoni, il delirio

di ripetere corridoi in cui il muro contro cui urti

è lo stesso da cui sei entrato

correndo nel buio.

La poesia è la nascita oscura, tua madre

è la parola "madre",

le sue grida di cui sei prigioniero.

 

  

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Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud", ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.

 

  

 

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