Premiato al Festival di Venezia 2016 per la miglior sceneggiatura (Noah Oppenheim), Jackie,l’ultimo film di Pablo Larrain, ha già ottenuto riconoscimenti a livello internazionale ed è ora candidato a diversi Premi Oscar.
Il film inizia con un’intervista a Jacqueline da parte di Theodore H. White (Billy Crudup), giornalista di Life, dopo 4 giorni dall’assassinio di John Kennedy (Caspar Phillipson). Senza smettere mai di fumare, tra una sigaretta e l’altra, Jackie (Natalie Porter) racconta i tragici fatti di Dallas e i successivi 4 giorni da lei vissuti nel dolore e nell’angoscia: l’attentato inaspettato in una serena giornata di sole, il sangue che sprizza dalla testa del marito e che inonda il suo abito rosa che ella rifiuterà di cambiare durante il giuramento di Lyndon Johnson (John Carroll Lynch), nuovo presidente, sull’aereo in volo verso Washington con la bara di John, l’abito che tutti devono vedere per capire “ciò che hanno fatto a John” e poi ancora la sofferenza nel dover informare i figli, i piccoli Caroline e John, l’organizzazione del funerale.
Si batte con determinazione contro funzionari e politici, pretendendo un funerale simile a quello di A. Lincoln, anch’egli assassinato, come simbolico legame con uno dei più grandi presidenti americani, ottiene un corteo funebre che segua con lei a piedi la bara del marito, sceglie il luogo in cui seppellirlo degnamente nel cimitero di Arlington: sente tutta l’ingiustizia di quell’assassinio e vuole che quel momento storico resti impresso nella memoria di tutti negli Usa e nel mondo intero, dando il massimo rilievo e rispetto all’immagine di John Kennedy e al suo operato. Sente che lei stessa è parte rilevante di quel momento e non vuole restare nell’ombra.
Durante l’intervista continui flash back mostrano attimi sereni di vita familiare ed episodi della vita passata nella Casa Bianca che ella cercò di rinnovare, riportando in essa, con un’accurata ricerca presso antiquari e nobili casate, arredamenti e vestigia di un significativo passato storico, organizzando visite da lei stessa guidate agli appartamenti e poi trasmesse in Tv, nonché eventi culturali, concerti, feste in cui spiccava la sua eleganza raffinata.
Tutto ciò che nel passato c’è stato di negativo viene cancellato, anche nel suo rapporto col marito, come ad esempio la relazione di John Kennedy con Marilyn Monroe. I dialoghi con Bob Kennedy (Peter Sarsgaard), fratello di John, e quelli con un anziano prete, padre Richard McSorley (John Hurt) mostrano altri aspetti della personalità di Jackie, forse quelli più veri, come le sue angosce, riflessioni e dubbi.
Durante l’intervista risponde nel complesso con sincerità alle domande del giornalista, ma decide poi lei cosa vada pubblicato: rilegge, rettifica, manipola. L’intervista finisce con una frase che definisce sia il suo rapporto col marito, sia gli ideali politici di un grande presidente: “Per un breve, luminoso momento ci fu Camelot” alla Casa Bianca, la Camelot di Re Artù, dei cavalieri della tavola rotonda e di antichi ideali cavallereschi espressi nell’omonima canzone, molto amata da John.
Difficile senz’altro offrire un ritratto veritiero di Jackeline Kennedy, vera icona di quegli anni, personaggio in seguito da molti poco compreso per il complicato matrimonio-contratto con l’armatore greco Aristotele Onassiss, scelta pragmatica molto lontana da Camelot. Brava Natalie Porter, candidata all’Oscar come miglior attrice protagonista.
Ecco l’attrice in un’intervista
Giovanna D’Arbitrio