Vincitore del David di Donatello 2016 per la miglior regia e la miglior sceneggiatura, Il film “Perfetti Sconosciuti”di Paolo Genovesi ha riscosso grande successo di pubblico e critica, rimanendo da febbraio ad oggi in programmazione in molte sale cinematografiche e suscitando pertanto l’interesse di diversi paesi stranieri, come Francia, Germania ed USA, che hanno richiesto i diritti per un remake. Lo scorso aprile è stato presentato a New York al Tribeca Festival Festival Film.
Nella sua nuova opera il regista evidenzia ancora una volta l’interesse del regista per fatti e aspetti della nostra epoca nel seguire comunque la tradizione della commedia all’italiana, come aveva già fatto in Immaturi, Una famiglia perfetta, Tutta colpa di Freud, Sei mai stato sulla luna?
La trama questa volta è centrata sulle storie di quattro coppie che s’incontrano per ammirare insieme una eclissi lunare: Rocco ed Eva (Marco Giallini e Kasia Smutnjak),genitori preoccupati per i problemi della figlia adolescente, invitano a cena Bianca e Cosimo (Alba Rohrwacher, Edoardo Leo), sposati da poco, Lele e Carlotta (Valerio Mastandrea, Anna Foglietta), in crisi dopo anni di matrimonio, Peppe (Giuseppe Battiston), il quale arriva senza la nuova compagna che gli amici desiderano conoscere.
Durante la cena, Eva (psicologa) propone un gioco: tutti dovranno mettere i cellulari sul tavolo per ascoltare in “viva voce” telefonate o leggere sms. Il passatempo degenera e si trasforma in una sorta di massacro psicologico che svela segreti e bugie, con colpi di scena finali in cu i vecchi amici si trasformano quasi in “perfetti sconosciuti”.
Sotto accusa sembra essere il cellulare, diventato “la scatola nera della nostra vita”, al quale affidiamo con superficialità quel lato oscuro dell’ anima, un tempo tenuto segreto, causando spesso sofferenze e ulteriori squilibri in rapporti affettivi già compromessi e instabili.
In realtà, come ha spiegato lo stesso regista in alcune interviste, il vero problema oggi non è tanto rappresentato da cellulari e nuove tecnologie in sé, ma dall’uso che in genere se ne fa, spostando l’attenzione da rapporti comunicativi reali a quelli virtuali, affidando a un tablet non solo aspetti positivi della vita quotidiana, ma anche quelli negativi, come insoddisfazioni, frustrazioni e lati oscuri che purtroppo vengono tutti registrati e spesso non cancellati.
Nel sottotitolo del film si legge la frase dello scrittore G.G. Márquez: “Ognuno di noi ha tre vite: una privata, una pubblica, una segreta”, ma oggi a quanto pare quella segreta non lo è più, soprattutto per colpa nostra, per la nostra superficialità.
Alla fine comunque la “verità” viene fuori nel film e, anche se essa può essere dolorosa, è preferibile alle bugie, alle “maschere” che impediscono rapporti sinceri tra le persone: amicizia e amore sono valori troppo importanti che vanno tutelati in ogni momento della vita.
Con un po’ di ironia si può ricordare che il contesto della “cena” tra amici, sia a teatro che a cinema, è stato più volte sfruttato e…. non porta fortuna ai personaggi, dalla lontana “Cena delle beffe” di Blasetti (tratto dal dramma di Benelli), a “Metti una sera a cena” di G. Patroni Griffi, a “Il fascino discreto della borgesia” di Buñuel, a “Indovina chi viene a cena” di S. Kramer, fino alle più recenti opere, come “La cena dei cretini” di Veber, “La cena per farli conoscere” di Pupi Avati, “Carnage” di Polanski, “Il nome del figlio” di F. Archibugi, tratto dal film francese “La cena tra amici” (a sua volta ispirato alla pièce teatrale “Le Prenom”) e così via.
“Perfetti Sconosciuti” comunque merita pienamente premi e consensi, avvalendosi di bravi interpreti, una buona sceneggiatura (P. Genovese. F. Bologna, P. Costella. P. Mannini, R. Rovello) e di una bella canzone di Fiorella Mannoia che ha lo stesso titolo del film.
Giovanna D’Arbitrio