Ce ne sarà più d’uno nel crescendo finale, ma il primo nodo alla gola si stringe già all’inizio, quando papà Bélier dice che ognuno dovrebbe prendere il destino nelle proprie mani. Perché non lo dice a parole, lo dice con dei gesti silenziosi ma decisi che sua figlia Paula prontamente tradurrà in linguaggio articolato.
Tutta “La famiglia Bélier”, infatti, è sordomuta: fatta eccezione per l’adolescente Paula, appunto, che è il loro tramite con quel mondo di “normali” che i Bélier, ovviamente, considerano… anormale, tanto che quella stessa figlia che i suoni li emette e li subisce e che persino scoprirà di poter cantare come un usignolo, diventerà - nel corso del racconto - una vera aliena.
“La famiglia Bélier”, il nuovo film di Éric Lartigau che arriva oggi in Italia - sulla scia di un’altra pellicola francese che nel 2011 commosse e divertì mezzo mondo, “Intouchables” (Quasi amici) - ha come principale pregio questa spontanea magia di far incontrare due mondi che sembrano inconciliabili e di farlo con spudorata naturalezza. Lo stesso accade con un altro tema del film: lo svezzamento, che è sempre un passaggio così difficile, soprattutto quando i genitori non sanno “sentire” (a prescindere da problemi uditivi) quando è arrivato il momento di lasciar liberi i propri figli.
La bravissima Louane Emera, che interpreta la giovane, si sgolerà - in tutti i sensi - per dare voce e musica alla sua appartenenza a un vero e proprio inter-mondo: essere al centro, cioè, della diversità e nel bel mezzo della sua separazione dal nido.
Riuscire a raccontare tutto questo con una commedia così sincera e vitale, dove la candidatura a sindaco del paese e i musi sorridenti di papà Bélier si fondono con la tenace frustrazione del maestro di musica Thomasson e la sua ossessione per il cantante Michel Sardou; dove mamma Bélier mostra con gli eczemi quello che non riesce a dire a parole e ha una sessualità forte, di campagna, pienamente ereditata dal figlio Quentin (l’attore che lo interpreta, Luca Gelberg, è l’unico veramente sordomuto del cast), che fa innamorare soltanto con i gesti la migliore amica di Paula, Mathilde, fino ad allora vittima di una “ninfomane” incertezza adolescenziale; dove il ritmo dei sentimenti è così incalzante da far piangere e ridere con gli stessi fotogrammi; ecco, un film così, come suggerisce lo slogan della promozione, “vi farà bene”.
E vi farà entrare, aggiungiamo, in quella dimensione che è ben narrata in una scena bellissima de “La famiglia Bélier”, quando Paula canta davanti ai suoi. L’ascolto non è più veramente necessario. Neanche le parole lo sono. E, se pure lo fossero, quel nodo alla gola vi impedirebbe comunque di pronunciarle. Non preoccupatevi, lasciatevi andare: si sentirà lo stesso ciò che vorrete dire.