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17/11/24 ore

Due documentariste ungheresi protagoniste al Trieste Film Festival, vinto dalla russa “Vergogna”



Alla rassegna del Cinema Est Europeo il pubblico e la critica a giudizio unificato, promuovono la condanna del neonazismo ungherese e le allegri comari transilvane. 

 

La classifica:

 

Miglior lungometraggio - Styd (Vergogna)
Tra i molti fiordi della penisola di Kola c'è un insediamento militare ove vivono le famiglie dei sommergibilisti russi di stanza e le guardie di frontiera. La base è prossima allo smantellamento e gli occupanti sono in ansia per il loro futuro. La giovane Lena arriva alla base subito dopo aver sposato un sommergibilista, il comandante Pavel Komlev. È un matrimonio senza amore, la sola ragione è una opportuna, stabile sistemazione. Durante l'ultima traversata il sottomarino si inabissa...


 

La storia della giovane donna che sente il suo dolore personale al centro di un dramma storico può sembrare banale e indegna: cos’è paragonata alla morte di decine di sommergibilisti?
Questo è un paese enorme, non si possono asciugare le lacrime di tutti ma di quel luogo nessuno aveva raccontato nulla (dalle note di regia del regista J. Razykov).

 

Miglior documentario: Szerelem Patak (Flusso d’amore).
Il film è un inno alla gioia, alla vita e naturalmente all’amore, celebrato da un gruppo di ultra ottantenni arzille e vivaci come adolescenti in bocciolo nella varietà di colori di una Transilvania dai panorami mozzafiato sia nella tiepida estate dorata come nella rilucente coltre di neve invernale, mirabilmente riprese dalla fotografia di Zoltan Lovasi, coadiuvato dalla stessa regista.

 

E amoreggiano ancora, appassionatamente, alla luce del sole, con un’innocenza e una grazia pura come la natura intatta in cui sono immersi. Tra gli uomini qualche cenno di malinconia: “quando Dio ti toglie la possibilità dovrebbe anche toglierti il desiderio...” e tra le donne l’ammissione “come sarebbe bello poterlo fare con un giovane di qui” subito seguita da una battuta che sdrammatizza tempestivamente l’anelito e precipita in una risata generale l’intera accolita di vispe sodali.

 

“Ho cercato di creare la massima confidenza con le donne e gli uomini del film al punto che uno di loro, dopo avermi confidato come ama sua moglie, la lecco e poi faccio il mio lavoro, non come fanno i giovani di oggi tutto di corsa...mi ha chiesto: e tu come fai ?” Racconta divertita la regista Agnes Sòs che riscuote anche il premio ESPANSIONI istituito dall’omonima rete per premiare la donna che si è maggiormente distinta in un settore del cinema.

 

 

Miglior documentario ex-aequo: The special need (Il bisogno speciale) di Carlo Zoratti, ovvero l’educazione sessual-sentimentale di Enea, trentenne con difficoltà relazionali che vuole perdere la propria verginità durante un road movie alla volta di una meta stabilita dall’assoluta, reciproca amicizia e virile fiducia.

 

Premio CEI (Central European Initiative) 2014 : Judgment in Hungary a Eszter Hajdu, classe 1979, presa diretta sul processo che vede alla sbarra quattro maturi naziskin autori di una serie di aggressioni contro i membri di una comunità Rom, avvenute tra il 2008 e il 2009. Sei persone, incluso un bambino di cinque anni, furono assassinate e altre cinque vennero ferite.

 

Il processo durò due anni e richiese 156 udienze a causa delle molte testimonianze da verificare e degli errori grossolani commessi da funzionari di polizia e periti dalle varie competenze.

 

 

La scena è incentrata nell’aula-imbuto del palazzo di giustizia di Budapest con un presidente della Corte carismatico nel suo contesto ma ambivalente verso le parti in causa. A tutto tondo invece le figure dei killer, spietati, glaciali nel ruolo di spavaldi non colpevoli che si cuciono addosso e nel rapporto fisicamente ravvicinato con i parenti delle vittime che la procedura ungherese dispone per questo genere di processi. Presunti colpevoli e vittime si ritrovano quasi a contatto diretto ma sono obbligati, pena sanzioni pecuniarie che possono trasformarsi in detentive se non osservate, a mantenere un contegno rigorosamente imperturbabile, senza riguardo alcuno al proprio vissuto interiore.

 

La tensione, palpabile, riesce da sola a catturare l'interesse e la partecipazione dello spettatore insieme al sapiente montaggio di Bence Bartos e Benno Boerema e alle riprese dei sei operatori inclusa la regista.

 

Miglior cortometraggio: Boles di Spela Cadez (animazione). Un povero ma ambizioso scrittore riceve la visita della sua vicina di casa, una prostituta che vuole a tutti costi evitare, che gli chiede di scriverle una lettera per il suo fidanzato. Le cose tra i due cominciano a complicarsi già dalla visita successiva.

 

Storie familiari e di comunità, di artisti e dell’uso che fanno della loro carne, di coppie di amanti tutte casa e rapine in banca e di piccole donne che crescono nonostante il catastrofico impatto genitoriale di un contesto sociale che della famiglia tutela solo l’immagine di facciata.

 

 

Storie che potrebbero essere le nostre, di europei dell’Ovest.
Ricordiamo ancora le immagini in diretta dell’abbattimento del divisorio berlinese avvenuto ormai un quarto di secolo fa e siamo peraltro amaramente consapevoli di quanto la crisi abbia da tempo livellato i rispettivi sogni e aspirazioni. 

 

Cosa ci consente ancora di vedere con un misto di compassione e distacco un Est europeo diventato anacronisticamente archetipico.

 

Oltre quale altro confine geografico possiamo trovare il terreno necessario e fertile per coltivare quella memoria che stiamo progressivamente lasciandoci sfuggire?

 

Quanti decenni dovranno ancora trascorrere affinchè Europa archivi irreversibilmente come trascorso l’identico, condiviso passato tornando a essere la straordinaria sinergia di anime e intenti che può ancora costituire se solo ne accetta l’evidenza?
Trieste col suo affaccio a levante, è solo una delle prospettive dalle quali porsi il quesito.

 

Vincenzo Basile

 

 


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